Nuove speranze per i malati di linfoma più difficili da trattare. Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della determina Aifa che ne ammette la rimborsabilità, è disponibile in Italia l’anticorpo farmaco-coniugato anti-CD79b polatuzumab vedotin, capostipite della sua classe terapeutica, per il trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (Dlbcl) recidivante o refrattario, non candidabili al trapianto di cellule staminali ematopoietiche. La terapia, frutto della ricerca Roche, viene accolta come una svolta nella risposta a un bisogno clinico rilevante e insoddisfatto.
Il Dlbcl è il sottotipo istologico più comune di linfoma non Hodgkin (Nhl), responsabile del 30-48% di tutti i casi di Nhl e del 60% dei linfomi aggressivi, spiega l’azienda svizzera in una nota. In genere si manifesta in persone over 60 anni e la sua incidenza cresce con l’età. In Italia si stimano circa 5mila nuovi casi Dlbcl ogni anno. Per questi pazienti la prognosi è infausta, sia nel caso in cui non vi sia mai stata una risposta alla terapia (malattia refrattaria), sia in caso di ricaduta (malattia recidivata). Il trattamento standard di prima linea per i pazienti non ad alto rischio, il regime immuno-chemioterapico R-Chop (rituximab in associazione a ciclofosfamide, adriamicina, vincristina e prednisone), è in grado di curare circa due terzi di chi lo riceve. Ma se la prima linea fallisce, per i pazienti in seconda linea non eleggibili a trapianto di staminali autologhe e per tutti i pazienti oltre la seconda linea, l’approccio terapeutico attuale è prevalentemente di tipo contenitivo. La sopravvivenza globale mediana di questi malati è di circa 6 mesi. Inoltre, i pazienti primariamente refrattari che progrediscono durante la terapia di prima linea ottengono risultati molto scarsi anche dopo aver ricevuto un ulteriore trattamento seguito da un trapianto autologo, con un tasso di sopravvivenza libera da progressione a 3 anni del 17%.
Ecco perché “la rimborsabilità di polatuzumab vedotin in associazione a bendamustina e rituximab assume particolare rilevanza – afferma Davide Petruzzelli, presidente La Lampada di Aladino Onlus – Offre” infatti “un’arma terapeutica innovativa proprio a pazienti fragili che, non rispondendo alle prime linee di trattamento o vivendo la ricomparsa della malattia, convivono con uno stato di profonda ansia e disillusione. Per questi pazienti in particolare l’attenzione alla qualità di vita e all’aspetto psicologico è indispensabile nella presa in carico”, sottolinea, evidenziando che “notizie come questa necessitano di essere condivise affinché i pazienti possano essere informati e valutare, insieme al proprio medico specialista, tutte le possibili opzioni in grado di migliorare il proprio percorso terapeutico”.
L’efficacia di polatuzumab vedotin in combinazione con bendamustina e rituximab (Br) nei pazienti con Dlbcl non candidabili al trapianto di staminali – ricorda la nota – è stata dimostrata nello studio di fase Ib/II GO29365, internazionale e multicentrico, che attesta una riduzione del rischio di morte del 58% nei pazienti trattati con l’associazione rispetto a quelli che ricevono solo Br e una sopravvivenza globale mediana oltre 2,5 volte superiore (12,4 mesi vs 4,7 mesi). I dati della coorte di estensione composta da altri pazienti trattati con la combinazione polatuzumab vedotin-Br rafforzano il profilo di efficacia e sicurezza della terapia in una popolazione più ampia di malati, dimostrando maggior beneficio nella seconda linea di trattamento, una sopravvivenza globale mediana di 18,4 mesi e una sopravvivenza libera dalla progressione mediana di 11,5 mesi.
“Polatuzumab vedotin in associazione a bendamustina e rituximab rappresenta una nuova ed efficace opzione di trattamento per pazienti affetti da Dlbcl che ricadono o risultano refrattari a una terapia di prima linea e che non possono affrontare un trapianto di cellule staminali, così come per quelli che recidivano dopo trapianto – commenta l’oncoematologa Monica Balzarotti, Irccs Istituto clinico Humanitas di Milano – Parliamo quindi di un gruppo di pazienti con prognosi molto infausta, per i quali fino ad oggi le alternative terapeutiche disponibili portavano a risultati decisamente deludenti. Grazie ad un profilo di sicurezza accettabile, ad una buona maneggevolezza e a dati di efficacia supportati da evidenze solide, la comunità degli ematologi e dei pazienti può disporre di un’arma terapeutica aggiuntiva che ha il potenziale di migliorare in modo significativo le attuali strategie di cura, consentendo di ottenere un aumento delle remissioni complete e della loro durata, e in ultima analisi della sopravvivenza”.
Il passo successivo e auspicato – prosegue la nota Roche – è che la molecola possa portare i suoi benefici a una popolazione ancora più ampia di pazienti colpiti da Dlbcl, ottenendo anche l’indicazione in prima linea. Secondo dati illustrati all’ultimo Congresso della Società americana di ematologia, infatti, polatuzumab vedotin (Pola) in combinazione con il regime chemioterapico R-Chp (rituximab più ciclofosfamide, doxorubicina e prednisone) rappresenta il primo trattamento che in 20 anni ha portato un beneficio clinico significativo, con una riduzione del rischio di progressione della patologia o morte del 27%, in pazienti con un rischio intermedio e alto in prima linea. Il profilo di sicurezza della combinazione Pola-R-Chp è risultato in linea con quello di R-Chop.
“E’ grazie alla ricerca scientifica se oggi è possibile fare significativi passi avanti nel trattamento di patologie complesse e aggressive che presentano importanti bisogni insoddisfatti per chi ne soffre come il Dlbcl – dichiara Sergio Amadori, presidente dell’Associazione Italiana contro i linfomi, le leucemie e il mieloma (Ail) – E’ necessario però che le innovazioni messe a disposizione dai progressi scientifici vengano rese accessibili in tempi rapidi ai pazienti, offrendo così maggiori opportunità terapeutiche rispetto al passato, soprattutto nei casi in cui le alternative disponibili sono limitate. La nostra associazione è impegnata per essere ogni giorno al fianco dei pazienti colpiti da linfomi e malattie onco-ematologiche e delle loro famiglie, affinché i percorsi di diagnosi, cura e assistenza possano essere sempre più tempestivi e capaci di offrire significativi miglioramenti in termini di sopravvivenza libera dalla malattia e qualità di vita”.