Il punto di partenza era “raccontare l’altra faccia della Calabria. Una regione che ha una pessima fama, data per perduta, o comunque con poche speranze, da tutto il resto del paese” e, per farlo, “partire dal racconto dei resistenti”. Comincia così il racconto all’Adnkronos di Giuseppe Smorto, firma storica di Repubblica, che descrive il fil rouge che lo ha mosso nello scrivere ‘A Sud del Sud – Viaggio dentro la Calabria tra i diavoli e i resistenti’ (ed. Zolfo, pp. 176). Un viaggio all’interno di una regione “molto identitaria -dice l’autore- Un luogo da cui si è sempre partiti e dove ora si arriva di nuovo”.
Storie di resistenza, di riscatto, a volte sorprendenti, e di ribellione ad un sistema fin troppo vessato e vessatorio. “Il primo aspetto su cui ho voluto mettere l’accento è dunque quello dei cittadini che si ribellano, e la loro riposta alle carenze e ai guai combinati dalla politica”, spiega Smorto. “Quello che ho notato è che i cittadini si sono ribellati, soprattutto sul tema della sanità. Ribellati e organizzati”. Basti pensare, per fare un esempio, che “in Calabria ci sono dei cittadini che stanno occupando da novembre un ospedale chiuso, fanno i turni (un ospedale che copre un bacino di 80mila abitanti, ndr), chiuso per puro deficit regionale”. Sì perché la regione “ha in mano la sanità, che è il 70% del bilancio regionale, e non riesce a farlo funzionare”, osserva l’autore.
Il secondo aspetto “sono le tante storie piene di coraggio. Cittadini, cooperative, imprenditori che si ribellano ad un controllo quasi militare della ‘ndrangheta -scandisce il giornalista- Ma questo non significa che questo dominio riesca sempre. La mafia non è popolare, vince solo con la paura”. Tra queste, ci sono “storie culturali, di ragazzi che fanno start up recuperando i mulini antichi, a pietra”, in uno “strano impasto tra il recupero del passato e della memoria e le potenzialità che ti da la tecnologia”.
‘A Sud del Sud’ è “un viaggio sentimentale ma anche sociale ed economico”, precisa Smorto, che ha cercato, in tutti i settori, di trovare delle eccellenze. “Ho parlato anche di musica, ad esempio a Roccella ogni estate c’è uno dei maggiori festival jazz del mondo e questo lo sanno in pochissimi”. Sulla musica c’è “quel fenomeno bellissimo che dà l’idea della percezione della Calabria: ogni tanto c’è un neomelodico di serie C che ciclicamente fa una canzone per un boss. Ogni volta che viene fuori questo, si dice che la Calabria fa le canzoni per la ‘ndrangheta. Non è certo così, la Calabria è Brunori Sas, è Peppe Voltarelli”. Questo accade perché “il male ha un appeal commerciale, è molto più facile risolverla così”.
Il libro è rivolto non solo ai calabresi ma “a tutti quelli che vogliono andarci, perché il viaggio vale”, ma può essere “una guida anche in previsione delle elezioni regionali, anche se parlo pochissimo di politica perché soprattutto negli ultimi anni ha deluso i calabresi”. Infine, una considerazione: “Quello di buono che è arrivato in Calabria è arrivato, anche in termini di welfare, dalle associazioni e, anche se non sono cattolico né praticante, devo dire che arriva dai preti cattolici, di strada, che lavorano sul territorio, un fenomeno quasi anomalo”.