“Un decennio dopo la crisi finanziaria globale, i redditi effettivi disponibili pro capite restano al di sotto dei livelli precedenti all’adesione all’euro e l’onere della crisi è caduto in modo sproporzionato sulle generazioni più giovani”, invocando “ulteriori sforzi alla politica” per aumentare il reddito e superare così le “vulnerabilità” del Paese, il Fondo Monetario Internazionale passa sotto la lente l’impietosa fotografia di un’Italia sempre in bilico. “La ripresa dovrebbe continuare, ma i rischi sono significativi”, si legge nell’apposito rapporto Article IV, incentrato sull’Italia. “La crescita è attesa a circa l’1,3% quest’anno ma, visto che i venti favorevoli, in termini di politiche commerciali, fiscali e monetarie, saranno meno forti nei prossimi anni, la crescita è prevista rallentare a circa l’1% nel 2018-20”. E in un simil contesto il Pil “potrebbe sorprendere al rialzo nel breve periodo, anche grazie ad una più forte ripresa europea. Non di meno i rischi al ribasso sono significativi, legati tra gli altri elementi alle fragilità finanziarie, alle incertezze politiche, a possibili battute d’arresto nel processo di riforme e ad una rivalutazione dei rischi sul credito nel corso di normalizzazione della politica monetaria”. Oltrettutto, avverte ancora il rapporto firmato dall’Fmi, “a questi rischi si aggiungono l’incertezza sulle politiche americane e i negoziati per la Brexit”. Tuttavia il Paese tiene ad evidenziare che l’economia italiana è nel terzo anno di una moderata ripresa” grazie “alla politica del governo e gli sforzi di riforma, un livello straordinario di accomodamento monetario e bassi prezzi delle materie prime”. Quindi, elencando alcuni dei miglioramenti, il Fondo indica “la disoccupazione e gli npl, che sono in qualche modo diminuiti rispetto ai picchi dovuti alla crisi. Il debito pubblico si è stabilizzato, sebbene ad un livello molto alto”. Però, “la produttività debole e i bassi investimenti aggregati rimangono le sfide chiave per accelerare il ritmo di crescita, frenata da debolezze strutturali, un debito pubblico elevato e bilanci bancari non in equilibrio”. E, sebbene sebbene l’Fmi ci riconosca anche ’cose buone’, “nonostante alcuni miglioramenti, saranno necessari ulteriori sforzi politici per ridurre le vulnerabilità e aumentare il reddito reale”. Dunque per l’Italia si prefigura sì una crescita moderata, ma “il reddito reale pro capite dovrebbe ritornare ai livelli pre-crisi solo tra parecchi anni a partire da adesso e l’Italia divergerebbe ulteriormente rispetto ai suoi pari nell’area euro”. Il rapporto passa poi a spiegare che urgono “riforme strutturali ambiziose e complesse contribuiranno ad accelerare la crescita, che dovrebbero essere costruite sulla base dei recenti sforzi”, come è accaduto per il Jobs Act, allo scopo poi di modernizzare la pubblica amministrazione, accelerare le procedure di insolvenza, nonché la giustizia civile e la riforma della scuola. E dunque, sostiene il rapporto dell’Fmi, per l’Italia i punti cruciali sono rappresentati dall’urgente bisogno di “aumentare la crescita”, ed m”aumentare la resilienza economica. La sfida globale è quella di aumentare la produttività, con sforzi politici più ambiziosi e un ampio e solido sostegno politico. In un contesto politico ed economico complessoinfatti, le autorità hanno avanzato importanti iniziative di riforma che sono riuscite a rilanciare la ripresa e a stabilizzare ampiamente gli squilibri”. Tuttavia, avverte infine l’Fmi, “sono necessari ulteriori passi per ridurre le lacune della competitività con i partner dell’area dell’euro, ridurre gli squilibri ed aumentare i redditi, anche per quelli che sono rimasti indietro. Lo scenario attuale di ripresa ciclica e di eccezionale accomodamento della politica monetaria offrono una favorevole, sebbene ristretta, finestra per andare avanti urgentemente con le riforme”.
M.