(Adnkronos) – “Dal carcere non hanno risposto alla mia istanza. In condizioni normali si dice ‘chi tace acconsente’, ma per noi detenuti il silenzio è una negazione”. Così Mario Tuti, ex terrorista del Fronte Nazionale Rivoluzionario, commenta all’Adnkronos la sua mancata partecipazione al Torino Film Festival dove, ieri sera, l’ex terrorista nero avrebbe dovuto prendere parte alla presentazione del lungometraggio ‘Corpo dei giorni’, Selezionato per la categoria ‘Miglior Documentario’, la cui prima ufficiale è prevista per stasera.
Tuti avrebbe dovuto essere presente al Torino Film Festival per aver partecipato alla pellicola come testimone di quegli anni. “La cosa curiosa -spiega- è che due o tre giorni fa mi aveva chiamato il titolare dell’hotel di Torino dove pensavo di alloggiare, chiedendomi a che ora volessi arrivare. Ho chiesto il perché di quella domanda, e mi hanno risposto che erano andati i carabinieri a ricordargli che quando fossi arrivato sarei dovuto passare da loro. Quindi i Carabinieri mi aspettavano, ma il carcere non ha dato alcuna risposta e non mi sono potuto muovere”.
75 anni, fondatore del Fronte Nazionale Rivoluzionario, condannato a due ergastoli, più 14 anni per aver guidato la rivolta a Porto Azzurro nell’87, oggi Tuti è in regime di semilibertà, e all’Adnkronos spiega: “Non posso affermare con certezza che sia un diniego volontario, perché c’è stato il silenzio, non è da escludere che sia solo una questione di burocrazia, che la cosa sia rimasta ferma alla cancelleria del tribunale. Mi hanno detto che non riuscivano a contattare la cancelleria”. Ma “è proprio questa la caratteristica del carcere -spiega l’ex terrorista- Quello che lo rende davvero carcere non è che ci siano dei muri spessi, è che nel carcere non si può prevedere niente, non si può fare nessun piano, siamo soggetti all’imprevedibile, perché è qualcosa che spiazza, che non dà sicurezza, e una persona non riesce neanche a prevedere il giorno dopo della sua vita”.
In ogni caso, conclude Tuti, “se fosse stato un rifiuto volontario, ci sarebbe un’eterogenesi dei fini: se fosse arrivata l’autorizzazione ad andare al festival, il nostro lungometraggio sarebbe stato un lungometraggio come gli altri. Il fatto che questo in un certo senso sia stato censurato, ci garantirà maggiore visibilità sulla stampa”. Il titolo del documentario “è preso da una mia poesia, ‘Corpo dei giorni'”, rivela Tuti. Che chiosa: “La mia partecipazione al documentario è come una pietra, lanciata per provare a smuovere qualcosa sulla realtà carceraria. Per provarci almeno”.