Policitemia vera, trombocitemia essenziale, mielofibrosi: tre tumori rari del sangue, dai nomi difficili e di cui la maggior parte delle persone non ha mai sentito parlare. Le neoplasie mieloproliferative (Mpn) sono caratterizzate da un’alterazione delle cellule staminali ematopoietiche, da cui derivano tutte le cellule del sangue. Nella policitemia vera si verifica un eccesso di globuli rossi, nella trombocitemia essenziale si riscontra un eccesso di piastrine e la mielofibrosi si caratterizza per la formazione anomala di tessuto fibroso nel midollo. I sintomi sono spesso aspecifici, così diagnosi e trattamento arrivano in molti casi con anni di ritardo e con rischi per i pazienti. L’emocromo è il primo indicatore della malattia.
“Il percorso per arrivare alla diagnosi è ancora troppo lungo perché manca a oggi una corretta informazione e la pandemia ha creato ulteriori ostacoli, allontanando le persone dalle strutture sanitarie e rendendo ancora più difficile individuare la malattia e intraprendere i trattamenti necessari”, ha detto Francesco Passamonti, ordinario di Ematologia all’Università dell’Insubria di Varese e direttore Ematologia Asst Sette Laghi di Varese, in occasione dell’incontro on-line di presentazione della campagna di informazione ‘Mielo-Spieghi’, promossa da Novartis, in collaborazione con Aipamm (Associazione italiana pazienti con malattie mieloproliferative) e con il patrocinio di Ail (Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma) e del Mpn Advocates Network. Un programma di attività, illustrato alla stampa oggi, che punta sul ruolo attivo dei pazienti, per richiamare l’attenzione sui sintomi e migliorare la gestione della malattia.
Sul perché le Mpn vengano diagnosticate ancora troppo tardi, Passamonti non ha dubbi: “Trattandosi di malattie croniche e indolenti per natura c’è la possibilità di un ritardo diagnostico, oppure perché il paziente fa delle analisi del sangue e trova una piastrinosi o un modesto aumento del livello di emoglobina che tende a sottovalutare. È ovvio che ogni malattia ha il suo decorso, per cui più tardi il medico fa la diagnosi e può darsi che maggiore sia il rischio di evoluzione perché per tanti anni non è intervenuto sulla malattia, e la stessa è andata avanti. Risultato? Ci si accorge della presenza di Mpn quando c’è la complicanza, ovvero gli eventi trombotici”. Per l’ematologo è fondamentale una diagnosi tempestiva perché, aggiunge, “anche prendere un’aspirina per un malato con policitemia vera, trombocitemia, significa ridurre il rischio di trombosi, un evento che è difficile predire”.
“I sintomi tipici di queste neoplasie – prosegue Passamonti – quali perdita di peso, debolezza e affaticamento, sudorazione notturna, prurito, cefalea, vertigini, sono difficilmente riconosciuti dalle persone come possibili campanelli di allarme. Per questo in molti casi la diagnosi arriva dopo i 60 anni, a volte addirittura per caso. Non esistono cure per le Mpn, eppure, diagnosticare in tempo e intervenire con i trattamenti oggi disponibili, consentirebbe non solo di prevenire e ridurre i sintomi, ma anche di tenere sotto controllo lo sviluppo della malattia”.
La pandemia, secondo l’ematologo, ha influito “in modo negativo per vari motivi. Innanzitutto, perché molti pazienti hanno evitato di recarsi in ospedale per paura del contagio, quindi c’è stato un ritardo diagnostico per i mancati controlli, fondamentali invece per coloro che hanno una malattia cronica”. Inoltre, “i pazienti onco-ematologici che hanno avuto il Covid presentano un rischio di mortalità del 36% rispetto a chi ha contratto il virus, ma non ha un tumore del sangue. La pandemia è ancora oggi un grande problema clinico e organizzativo. Per questo motivo abbiamo implementato la telemedicina, un vantaggio perché si riesce almeno a parlare con il paziente”, ha concluso Passamonti.