Il ministro per le Riforme chiarisce che “ancora non e’ stata fissata una data per l’incontro di maggioranza” sulla legge elettorale ma assicura che “sicuramente sara’ la prossima settimana”. Dopo il faccia a faccia di ieri a Palazzo Chigi, oggi scambio di segnali tra i rispettivi ’colonnelli’, e la legge elettorale resta terreno di confronto tra Renzi e Berlusconi. “Tutto questo non e’ serio”, sbotta Renato Brunetta. “Non accetteremo piu’, lo ripetiamo con convinzione, atteggiamenti totalitari da parte di Renzi e da parte del governo. Leali e responsabili si’, fessi no”, sintetizza il capogruppo FI alla Camera spiegando che “Maria Elena Boschi e’ deliziosamente spudorata quando, in merito al cosiddetto Italicum, afferma ’mi auguro che Forza Italia mantenga l’impegno, ma se si dovesse tirare indietro noi non possiamo non andare avanti’”. “Ci permettiamo di ricordare alla gentile Boschi che fino ad oggi le richieste di modifica, proposte e imposte, al Patto del Nazareno sono arrivate solo da Renzi e dal suo Partito democratico”, rincara l’esponente FI che dice no “alla logica della pistola sul tavolo”. Intanto si torna a votare per Consulta e Csm, con Pd e FI uniti nel sostegno incrociato alle candidate frutto dell’ultimo accordo, ma a agitare la maggioranza, e in prospettiva i rapporti con gli ’strani alleati’ FI, c’e’ anche il dossier giustizia che, al Senato, ha visto una convergenza Pd-M5S sul tema della responsabilita’ delle toghe. Qui e’ l’Ncd, con Maurizio Sacconi che fa balenare l’ipotesi di sue dimissioni da capogruppo al Senato, a battere i pugni sul tavolo e ad avvertire che “cosi’ la maggioranza e’ a rischio”. Allarme rientrato, con lo stesso Sacconi a dare conto di una telefonata e delle “garanzie” arrivate da Renzi. E Renzi, impegnato in un tour a Milano nel pomeriggio, parla attraverso le anticipazioni del nuovo libro di Bruno Vespa. Parla del cambio della guardia a Palazzo Chigi e osserva che “la batteria del governo Letta era scarica, il motore si era spento. Abbiamo cercato di riavviarlo, ma non era possibile”. Ce n’e’ anche sull’ormai famoso #enricostaisereno “e’ nato – spiega – perche’ io ero convinto di poterlo sostenere. Quando ho detto Enrico stai sereno, io ci credevo. Lui no”. E, manda a dire Renzi al suo predecessore, “so in coscienza che la rappresentazione del complotto o dell’agguato non e’ vera. Il fatto stesso che le persone piu’ vicine a lui come Franceschini, Alfano e Lupi abbiano capito e agevolato il passaggio, dimostra che il governo Letta si era fermato”.