(Adnkronos) – “Il Pd è nato come partito a vocazione maggioritaria e vorrei che Enrico Letta, che già era un esponente importante ai tempi del Mattarellum, mi spiegasse come si concilia il proporzionale con l’esigenza di dare un governo stabile all’Italia tra un anno”. Se lo chiede Mario Segni, ‘padre’ del maggioritario e promotore dei referendum che a inizio anno Novanta sancirono di fatto la nascita della Seconda Repubblica, parlando con l’Adnkronos.
Segni però la settimana surreale del Colle e la deflagrazione delle coalizioni, in modo plateale del centrodestra, non richiedono forse un ripensamento delle regole del gioco? “La macchina in realtà si è rotta non oggi ma da anni: nel 2006 con il Porcellum. Quello è stato l’atto con cui la classe politica ha rotto il meccanismo aperto dal referendum del ’93. Fu fatto da Berlusconi, dal ministro leghista Calderoli con il sostegno dell’Udc di Casini. Da lì in poi si sono susseguite soluzioni pasticciate, compreso il fenomeno vergognoso delle liste bloccate”.
E il proporzionale non sarebbe un modo per uscire dai pasticci? “No ci porterebbe verso un disastro. E’ la soluzione opposta a ciò di cui avrebbe bisogno il Paese. A meno che non si decida che non gli italiani non votano per un governo ma si vota perché i partiti possano fare le loro scelte”.
“La rivoluzione maggioritaria – prosegue Segni – nacque da due esigenze. La prima di arrivare finalmente a un sistema in cui il governo veniva scelto dai cittadini e la seconda di dare stabilità all’esecutivo. Il primo obiettivo è stato totalmente raggiunto: per 2 volte ha vinto Berlusconi e per 2 volte ha vinto Prodi. E la sera stessa delle elezioni si sapeva chi aveva vinto. Poi, la rottura di quel meccanismo vediamo a cosa ha portato, a un Parlamento assolutamente privo di maggioranze precostituite e una legislatura con 3 governi contradditori tra di loro”.
Il proporzionale non farebbe chiarezza? “No perché non aumenta la scelta dei cittadini, aumenta solo il potere dei partiti e priva i cittadini di scegliere un governo. Se si imbocca questa strada, si va verso il disastro e non ho ancora capito le motivazioni di chi vuole percorrerla”.
C’è il rischio di un ulteriore distacco dei cittadini dalla politica vista la crescita dell’astensionismo? “E’ probabile. Anche se la cause dell’astensionismo sono legate a un cambiamento totale della società, non vedo come possa appassionare il cittadino andare a votare sapendo che tanto si deciderà tutto dopo il voto e a prescindere dal proprio voto. La politica così diventa sempre più un qualcosa da addetti ai lavori o persone interessate. E’ un cammino scellerato e riconosco coerenza solo a Giorgia Meloni che ha sostenuto, in questi giorni la tesi più logica di Mario Draghi al Colle, e che resta coerente con il no al proporzionale”.