(Adnkronos) – (di Elvira Terranova) – “Fecero restare al 41 bis un simbolo, non una persona. Bernardo Provenzano venne tenuto al carcere duro nonostante le gravissime patologie di cui soffriva con una incapacità totale di intendere e volere, più volte certificata dai medici del carcere. Non conosco la vicenda di Cospito, e non voglio entrare nel merito, dico però che sono contenta che si siano decisi di portarlo in una struttura dove si può intervenire in caso di necessità. Direi che è un importante passo avanti. Se poi dobbiamo fare il discorso sul 41 bis, posso dire che andrebbe senza dubbio riformato, perché non ha alcun senso logico. Ed è incostituzionale”. A parlare in una intervista all’Adnkronos è l’avvocata Rosalba Di Gregorio, legale storica del boss mafioso Bernardo Provenzano, morto il 13 luglio 2016 al 41 bis, nonostante le numerose richieste di revoca avanzate dalla sua legale per le precarie condizioni di salute del capomafia. Nel settembre del 2015, la Cassazione, decise che Provenzano dovesse restare al 41 bis. Perché “il carcere duro non è incompatibile” con la sua situazione di salute, ma al contrario è fondamentale” per farlo sopravvivere. Così scrivevano i giudici con l’ermellino, allora. Il padrino era stato ricoverato in regime di 41 bis all’ospedale San Paolo di Milano, un ricovero ritenuto “fondamentalmente incentrato sulla necessità di tutelare in modo adeguato il diritto alla salute del detenuto”, dicevano i giudici.
Se, infatti, avesse lasciato il ricovero camera di sicurezza dell’ospedale, per andare in un reparto ospedaliero comune, sarebbe stato a “rischio sopravvivenza”, per la “promiscuità” e le cure meno dedicate. La legale all’epoca aveva più volte ribadito che Provenzano non fosse è più in grado, “né fisicamente, né mentalmente, di percepire l’espiazione di alcuna pena” e quindi la sua è una situazione solo “astrattamente detentiva” e del tutto “incompatibile” con il regime di isolamento. La Cassazione, però, aveva confermato il verdetto del tribunale di sorveglianza di Milano (che aveva confermato il 41 bis per il detenuto), dato che Provenzano “risponde alle terapie”.
“Lo lasciarono al 41 bis portandolo a Opera – ricorda oggi l’avvocata parlando del boss Provenzano – lui era al San Paolo ed era incapace di intendere e di volere, con tanto di certificazione, con nomina di tutore del soggetto incapace”. La legale ritiene che, invece, il caso di Cospito sia diverso “perché mi sembra una persona piuttosto lucida – dice – ho sentito che si è intesato la battaglia del 41 bis anche per i mafiosi e i terroristi”. Poi spiega perché, a suo avviso, il 41 bis sarebbe “incostituzionale”, come dicono anche giuristi, come Gherardo Colombo che proprio oggi ribadisce la sua contrarietà al carcere duro.
“Io, personalmente, ritengo che le leggi emergenziali debbano finire con la fine dell’emergenza – dice Di Gregorio – Il 41 bis aveva un senso quando c’era una lotta tra Stato e mafia”. E ricorda: “Essere sotto processo per il depistaggio, come quei tre poliziotti, la dice lunga sul fatto che siano intervenuti soggetti diversi dalla mafia nelle stragi mafiose e nelle indagini che ne seguirono. In quella lotta di potere, però la parte eclatante che ha consentito la deroga al regime ordinario non ‘è più, oggi. Quindi, qual è l’emergenza?”.
“Detto questo, ripeto è la mia opinione personale, che si possa mantenere una legge emergenziale e farla diventare legge, viola la parità dei detenuti – dice – Quando si tratta delle condizioni di salute, come in questo caso, è corretto che Cospito sia stato trasferito. Dovevano forse pensarci prima. E’ chiaro che se perde 50 kg non è in condizioni fisiche in cui può affrontare una struttura carceraria che non preveda un intervento sanitario immediato”. “Fermo restando che il 41 bis è altra cosa, dal punto di vista del trasferimento in un centro più idoneo, serve a permettere le cure”.
Ma per Provenzano “è storia diversa”, ripete l’avvocata Di Gregorio. “In lui non c’era più alcuna capacità di essere pericolosi. Poi, se si è arrivati a mantenere il 41 bis per questioni politiche, per il consenso delle folle, a mantenere un regime così balordo per un soggetto incapace, non vedo come si possano avere più spazi per toglierlo a un detenuto che, per quanto debilitato, è comunque capace di intendere e volere e lucido. Fermo restando che ritengo che sia illegittimo mantenere “l’emergenza” del 41 bis, perché, lo ricordo, l’emergenza vuol dire emergenza, cioè la pericolosità di un fenomeno in un determinato momento storico che delegittima la sospensione delle garanzie costituzionali. Mentre, nel frattempo, la portata del termine emergenza è diventata la regola, e il 41 bis viene prorogato per 30 anni…”.
La legale ricorda che la “costituzionalità” era “affermata in funzione della eccezionalità della deroga al regime detentivo ordinario”. Ma “se il momento ‘eccezionale’ diviene ‘normale’ e stiracchiato nel tempo, allora la norma non è più costituzionale”. Per Rosalba Di Gregorio è, dunque, “incostituzionale tenere una norma di emergenza in uno stato non di emergenza”, perché “non c’è prova certa che i soggetti fuori siano collegati con chi sta al 41 bis”. Ecco perché è un “regime incostituzionale”. “Hanno tutti paura – chiosa – perché nel momento in cui una compagine politica viene attaccata, si creano leggi più severe, come replica”.
E ritorna su Provenzano: “Lui non poteva avere legami perché era incapace di intendere e di volere, eppure il 41 bis nel suo caso non è mai stato revocato. Era un fatto politico”. “In quella vicenda il 41 bis stava penalizzando non tanto Provenzano ma solo i parenti. Andava messo in condizioni non solo di curarlo ma di metterlo in un circuito che consentisse anche ai parenti di andarlo a trovare, senza vetri. Ma all’epoca mi fu risposto di no perché “nel circuito del 41 bis viene curato meglio…”.