Delle due luna. O la dirigenza Istat è daccordo col precedente governo o le leve per innalzare la disoccupazione sono tutte nelle mani di quella grande impresa che boccia lesecutivo Lega-5 Stelle.
Intanto a giugno il tasso di disoccupazione torna a salire, attestandosi al 10,9%, in aumento di 0,2 punti su base mensile. Lo rileva l’Istat, diffondendo i dati provvisori. L’Istituto fa notare come la stima delle persone in cerca di occupazione a giugno registri un aumento del 2,1% (+60 mila). Il numero dei disoccupati risulta così pari a 2 milioni e 866 mila. Invece nei dodici mesi la disoccupazione, si sottolinea, “cala lievemente”, “mantenendosi sui livelli della fine del 2012”.
Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a giugno risale, risultando pari al 32,6%, in rialzo di 0,5 punti percentuali su maggio. Lo rileva l’Istat, diffondendo i dati provvisori e sottolineando come il livello degli under25 in cerca di occupazione sia nettamente inferiore al massimo raggiunto nel marzo del 2014 (43,5%) ma ancora di 13 punti superiore rispetto al minimo toccato nel febbraio del 2007 (quando era 19,5%).
A giugno, dopo tre mesi di crescita, la stima degli occupati registra un calo di 49 mila unità (-0,2%). Lo rileva l’Istat. La diminuzione congiunturale dell’occupazione coinvolge soprattutto gli uomini (-42 mila) e le persone di 35 anni o più (-56 mila). Il calo, spiega l’Istat, si concentra tra i dipendenti permanenti (-56 mila) e in misura più contenuta tra gli indipendenti (-9 mila). Continuano invece a crescere i dipendenti a termine (+16 mila), che aggiornano di nuovo il loro record storico, raggiungendo i 3 milioni 105 mila.
Ma lIstat dimentica danalizzare (del resto non è compito suo) chi ha politicamente desertificato il lavoro in Italia, cedendo le aziende alle multinazionali che, in ossequio alla regola di creare profitti altrove, hanno messo lItalia in mutande. E evidente che questa statistica faccia il gioco di quei poteri forti che non condividono la linea Di Maio (ministro del Welfare) ovvero niente aiuti pubblici a chi delocalizza fuori dallItalia, mantenendo pochi addetti alle pubbliche relazioni nel Paese e portando le fabbriche in Cina o nellEuropa orientale. Le statistiche sono come pedalini, e cè chi politicamente li gira e rigira.