“Il 14 novembre eravamo quattro trentenni come ce ne sono tanti in Italia”. Inizia così la lettera che i fondatori del movimento delle Sardine affidano a Repubblica, per fare il punto sul loro percorso, iniziato poco più di un mese fa e destinato a portarli chissà dove. Su una cosa però ci tengono a precisare: “Non saremo un partito”.
Un’affermazione netta, che non lascia spazio ad interpretazioni. Un mese quei quattro ragazzi erano trentetti come ce ne sono tanti in Italia, oggi sono un modello da seguire per molti giovani che in modo spontaneo hanno occupato piazze di mezza Italia. “Avevamo scatenato un maremoto a nostra insaputa. Imprevisto quanto insperato”.
Attraverso una lunga lettera pubblicata da Repubblica, le Sardine si guardano indietro per capire cosa hanno creato. “Dopo piazza San Giovanni era tempo di fare due calcoli. In 30 giorni si erano riempite 92 piazze in tutta Italia, a cui si sono aggiunte 24 piazze estere, europee e statunitensi. Circa mezzo milione di persone sono uscite di casa, al freddo e sotto la pioggia”.
E ancora: “Ci diamo una strada comune: tornare nelle piazze, nelle strade, nei territori. E, quando dopo un’ora, ci ritroviamo nell’auditorium per presentare le proposte, è un’emozione dietro l’altra. Ogni iniziativa scatena un applauso, suscita speranza, ci avvicina. La strada è lunga, lo sappiamo. L’unica certezza che abbiamo è che siamo stati sdraiati per troppo tempo. E che ora abbiamo bisogno di nuotare”, conclude la lettera che è possibile leggere integralmente su Repubblica.