Il campionato è fermo ma le idee volano lontane. Arrivano in alto, dove la felicità si tocca con un dito e ha un nome concreto: Scudetto. Una parola che in casa Lazio è stata usata prima con parsimonia, per paura di bruciarsi, poi sempre con maggiore convinzione, come se quel sogno potesse veramente diventare realtà. E fino a quando il campionato era in corso è stato così.
Il coronavirus ha stravolto tutto, ma non le convinzioni dei biancocelesti, attaccati a quella voglia matta di prendersi quello che meritano, o almeno giocarsela fino all’ultimo. Lo ha ribadito anche Simone Inzaghi, che in un’intervista al Corriere dello Sport ha ripercorso le tappe della sua avventura alla Lazio, partendo ovviamente dallo scudetto del 2000.
Simone Inzaghi all’epoca era uno scolaretto, forse neanche troppo disciplinato. Prendeva il calcio come un gioco e si divertiva nel praticarlo. Per questo quasi tutti i suoi compagni dell’epoca avrebbero scommesso poco sul suo futuro da allenatore. L’allenatore della Lazio ricorda così qui momenti: “Emozioni infinite, che emozione nell’attesa guardando il monitor dove veniva trasmessa la Juve. La sera chiamai Pippo, era molto deluso, ma così è il calcio. Il tempo non passava mai, ricordo la festa nello spogliatoio. Quella Lazio è stata una grande scuola, e infatti quasi tutti siamo diventati allenatori. Eriksson mi diede subito fiducia, faceva ruotare il gruppo e aveva una grande gestione dello spogliatoio. Le scelte venivano sempre accettate. Era una Lazio piena di grandi personalità, che amicizia con Simeone e Couto…”.
Sul campionato attuale: “Quando si è fermato il campionato stavamo molto bene. Quando ripartirà, cercheremo di farci trovare pronti. Sarà difficile, è come fare un altro ritiro. Giocheremo una volta ogni tre giorni. Adesso ci stiamo allenando in gruppi ben distanti e definiti. Stiamo cercando di aumentare leggermente i carichi per farci trovare pronti. Con le partite ravvicinate dovremo cercare di evitare gli infortuni. Sarà dura, lo sappiamo. Un regalo ai tifosi laziali? Tutti lo sanno, ma non voglio dire niente, proprio come il 14 maggio 2000 prima di scendere in campo…”.
“Oggi lo vivrei in modo diverse, ma sempre con intensità. Avevo 22-23 anni, ora 44. Posso dire di aver provato grandissime emozioni a vincere le coppe, ma devo essere sincero, ricordo volentieri anche i trofei vinti con la Primavera. Sono state tutte giornate indimenticabili, compresa l’ultima a Marassi quando abbiamo battuto il Genoa. Non valeva una coppa, ma c’è stato un grandissimo trasporto nel vedere 4mila laziali festeggiare in trasferta. È stata una giornata fantastica e che mi rimarrà dentro”, ha concluso Inzaghi.