Durante la pandemia, nel 2020, il 39% dei dipendenti ha avuto difficoltà a trovare la giusta motivazione al lavoro e circa la metà dei lavoratori giovani (18-34 anni) ha sofferto di un blocco motivazionale. E nello stesso periodo, in Italia, rispetto ad altri Paesi europei risulta più forte la percezione di una riduzione delle possibilità di ottenere nuove responsabilità e skill: ben il 49% dei lavoratori dichiara di pensarla, infatti, così. E’ quanto emerge da una ricerca condotta da Yonder per Workday, società leader delle applicazioni aziendali cloud per la gestione finanziaria e delle risorse umane sull’impatto della pandemia avuto nella vita lavorativa e sulla forza lavoro. Dello studio si è parlato oggi nel corso di una conferenza stampa on line con Federico Francini, Country manager, Workday, Italia, Livio Livi, direttore Hr Relazioni Esterne e Bms Kuwait Petroleum Italia, e Riccardo Donelli, People & Organization, Partner, Pwc, network multinazionale di imprese di servizi professionali.
La ricerca è stata fatta tra ottobre e novembre 2020 cioè nella seconda fase della pandemia, attraverso la rilevazione di 17.054 sondaggi online in totale, in nove paesi europei, con dipendenti di livello inferiore a quello di direttore e che lavorano in un’organizzazione con più di 250 dipendenti. Rispetto al resto d’Europa, analizzando i dati, si vede che coloro che hanno maggiormente sofferto l’impatto emozionale della pandemia sul posto di lavoro sono le persone più giovani: la percentuale italiana del 49% si confronta infatti con una media europea del 38%.
Il 54% dei giovani dipendenti ha dichiarato di credere che le sue possibilità di ottenere nuove responsabilità e skill si siano ridotte nel 2020, mentre i lavoratori più anziani sono più portati a considerare egoistico, in questo momento pensare alla carriera.
Ma come è stata percepita da parte dei dipendenti la risposta della leadership? I leader italiani, stando alle risposte fornite a Yonder, sono in linea con i risultati europei: per il 51% dei lavoratori la leadership ha una visione chiara sul futuro a lungo termine dell’azienda, per il 49% i senior manager hanno dimostrato una leadership chiara e hanno fornito risorse sufficienti per permettere di offrire ai clienti un buon servizio, hanno lavorato in gruppo e informato. Questo ha fatto sì che il 53% dei lavoratori abbia compreso il ruolo che giocherà nel futuro dell’azienda, anche se solo il 28% si è sentita parte delle decisioni della leadership (dato però in linea con i Paesi europei).
Anche per tutti questi motivi, spiega lo studio, nei prossimi 12 mesi in Italia il 22% dei dipendenti dichiara che probabilmente cercherà un nuovo datore di lavoro. E la percentuale sale al 33% nei giovani 18-34 anni. Il 23% dei dipendenti dichiara, invece, che probabilmente cercherà un nuovo posto di lavoro dopo la pandemia.
Le maggiori motivazioni per cui i lavoratori stanno pensando di cambiare posto di lavoro sono: migliore formazione e più opportunità di crescita (auspicate dal 39% degli intervistati), una paga migliore (37%), un ruolo più interessante (31%), un livello più alto (26%).