Occupazione, assunzioni, cose che sembrano appartenere ad un’epoca lontana anni luce. Oggi purtroppo, in gran parte per motivi fin troppo ovvi, viviamo esattamente l’opposto, con il blocco dei licenziamenti, che da oltre un anno continua a tenere col fiato sospeso centinaia di migliaia di persone.
Ma il terrore di perdere il posto di lavoro è molto più diffuso di quanto si possa pensare.
Come spiega infatti l’interessante Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale (giunto alla IV edizione), realizzato in collaborazione con Eudaimon (azienda leader nei servizi per il welfare aziendale), e con il contributo di Credem, Edison e Michelin, i lavoratori sono terrorizzati dal futuro.
Una condizione stressante che ovviamente coinvolge per lo più i dipendenti privati, un settore dove, a fronte di poche situazioni ‘regolari’ e floride, prevale invece il classico ‘caporalato’ all’italiana dove, tra finte cooperative, pseudo buste paga – puntualmente inevase – ed altro, oltre che a dover lavorare ben oltre orari ed accordi sindacali, ci si deve ‘abituare’ a dover convivere con la precarietà di fatto.
Insomma un settore che oggi ‘tiene sule spine’ qualcosa come 9,4 milioni di lavoratori.
Nello specifico, oltre la metà di questi ultimi (ben 4,6 milioni), temono ‘quantomeno’, di dover andare incontro a una riduzione del loro reddito. Interrogati circa i loro timori, nell’ordine, 4,5 milioni sono certi che dovranno lavorare molto più del solito, 4,4 milioni convivono con il terrore di venire licenziati finendo in disoccupazione mentre, i più ‘positivi’ – 3,6 milioni – pensano invece di trovarsi costretti a dover cambiar lavoro.
Altro tema che divide i dipendenti del settore privato, è il cosiddetto ‘lavoro a distanza’: se viene infatti apprezzato dal 52,4% degli ‘smart-worker’ (che vorrebbe divenisse ‘fisso’), il 64,4% di quanti abituati a lavorare in presenza ne è spaventato. Non a caso infatti, 4 dipendenti su 10 sono convinti che i lavoro a distanza può generare divisioni all’interno del posto di lavoro e creare diseguaglianze. Da quanti invece ‘sperimentato’, per il 37% lo smart-working non ha cambiato più di tanto il loro lavoro anzi, per il 35,5% è addirittura migliorato mentre, il 27,5% sostiene invece che sia è peggiorato.
Fra le categorie che si sono cimentate con il lavoro a distanza, il 31,6% dei dipendenti, il 51,5% dei dirigenti, il 34,3% degli impiegati e, persino il 12,3% degli operai. Una categoria quest’ultima, particolarmente interessata dalla paura di perdere il lavoro (lo pensano 3 su 4). D’altra parte, sebbene come dicevamo al momento – per decreto – i licenziamenti siano stati bloccati, nel solo 2020 sono stati ben 393mila i contratti a termine non rinnovati.
Tuttavia a mitigare, in ‘teoria’, le ansie e gli incubi dei dipendenti, l’87% delle aziende che, come confidato al Censis – si dimostra invece ottimista e speranzosa riguardo alla ripresa che ‘dovrebbe’ seguire all’emergenza sanitaria. Stati d’animo contrastanti rispetto ai loro dipendenti, quelli che di contro pervadono invece i responsabili aziendali ‘interrogati’. Accanto alla ‘voglia di fare’ che anima il 62,2% di loro, si accosta una forte speranza (33,7%) e, non ultima, la convinzione di ‘potercela fare’, proprio grazie alla coesione interna (30,1%).
Su quale leva le aziende eserciteranno la loro forza per realizzare il riscatto, il 76% mira al recupero del fatturato, e al rinnovo delle quote di mercato, mentre il 36,2% si ‘sente carico’ per affrontare la sfida della transizione digitale. Un ottimismo di ‘reazione’ che fa ben pensare, considerando che quasi il 70% delle aziende italiane, in quest’ultimo anno hanno registrato esorbitanti perdite di fatturato. Infatti, nonostante la situazioni critica, il 62,2% dei responsabili aziendali si dichiara comunque soddisfatto, affermando di essere riusciti a poter rivedere la luce in fondo al tunnel…
Max