“Non è sufficiente dire che nel nostro Paese il lavoro minorile è vietato per essere in pace e tranquilli con le nostre coscienze. Perché al contempo sappiamo che i dati sull’abbandono scolastico nelle scuole dell’obbligo rischiano di raccontarci un’altra verità, che nel mondo del sommerso quelle leggi non valgono, che la povertà educativa è un tema cruciale che va affrontato con strumenti adeguati e che spesso vela condizioni molto problematiche dei bambini e degli adolescenti”. Lo dice ad Adnkronos/Labitalia la vice ministra delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Teresa Bellanova, in occasione della Giornata Internazionale contro il lavoro minorile che si celebra domani. Sul lavoro minorile “i dati che emergono, drammatici oltre ogni dire, nel rapporto congiunto Organizzazione internazionale del lavoro e Save the children sul child labour e su quei nove milioni di bambini più a rischio a causa della pandemia interrogano tutti, e obbligano a più consapevolezza, più informazione anche sui prodotti che arrivano sui nostri scaffali e nei negozi, più azioni congiunte a livello internazionale, più politica” dice Teresa Bellanova
“Occorre anche più politica”
“Sì, più politica: andava esattamente in questa direzione -ribadisce con forza l’esponente di Italia Viva- il raggio di azioni disegnate con la riforma del Terzo settore, i programmi per la riqualificazione delle periferie urbane, le azioni e le risorse per il contrasto alla povertà educativa, il reddito di inclusione, la centralità delle politiche attive del lavoro. Tutti tasselli di un nuovo welfare il cui disegno si è interrotto con il primo Governo Conte”, spiega aggiungendo: “Oggi siamo nella condizione, anche alla luce della poderosa strategia messa in campo dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dagli altri importanti strumenti a disposizione, di riprendere quel disegno del nuovo welfare il cui disegno si è interrotto con il primo Governo Conte, rafforzandolo e affermandolo come strategico”. “Proprio il Family Act -ricorda Bellanova- può essere uno dei fulcri intorno a cui costruire nuove politiche di welfare e di sostegno specifico all’infanzia e all’adolescenza. E’ evidente: sostenere le famiglie, soprattutto quelle più fragili, significa agire di conseguenza anche sulla qualità della vita dei figli. E così rafforzare le politiche per la conciliazione vita lavoro e quelle per garantire i servizi alle famiglie”.
“Scuole chiuse, rischio enorme per i più fragili”
Le scuole chiuse in questi mesi sono state “un rischio enorme” per i minori che vivono disagi sociali, dice Bellanova, in occasione della Giornata internazionale contro il lavoro minorile. “Non a caso ho così tanto insistito -afferma con convinzione- in questi mesi sul rischio enorme che la chiusura delle scuole avrebbe determinato proprio per le fasce sociali più fragili. Un rischio enorme, che spero potrà essere in parte attutito e corretto dal successo della campagna di vaccinazione, finalmente governata in modo rigoroso, con il ritorno a scuola e dagli investimenti destinati agli asili e al mondo della formazione”. “Con un’avvertenza: non basta investire -dice la vice ministra al Mims- nella realizzazione di nidi, asili, scuole materne. Le strutture fisiche sono importanti ma è necessario mettere in campo politiche adeguate perché funzionino, e bene. E per questo servono le persone”.
Un bambino che lavoro è un banco vuoto a scuola
“Sappiamo che dal 2016 il numero di bambini tra i 5 e i 17 anni occupati in lavori a rischio, dannosi per la salute e lo sviluppo psico-fisico e morale, è aumentato e che la pandemia, non sconfitta soprattutto nei paesi più poveri, determinerà fame, esclusione, povertà, e dunque un aumento vertiginoso di lavoro minorile. Come avverte correttamente la direttrice generale dell’Unicef, un bambino che lavora è un banco vuoto a scuola, e serve un impegno a livello internazionale perché quelle famiglie non siano costretti a scelte drastiche” osserva la vice ministra delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Teresa Bellanova. “Condivido pienamente l’appello ai Governi e alle Banche internazionali per lo sviluppo a dare priorità agli investimenti in protezione sociale e ai programmi che possano sostenere il diritto delle bambine e dei bambini alla formazione, all’inclusione, al gioco. Parola che rischia purtroppo di suonare fuori posto mentre sappiamo quanto il gioco è importante nello sviluppo della personale e nella crescita. E’ un imperativo cui è chiamata la comunità internazionale tutta, e soprattutto i Paese più ricchi”, conclude.