Nel 2020, anno della pandemia, si è assistito a una contrazione dei contratti di prestazione occasionale (Cpo) in linea con le dinamiche del mercato del lavoro. E’ uno degli aspetti che emerge dal Rapporto Annuale Inps.
Come si legge nel Rapporto “l’abolizione dei voucher a partire dal 17 marzo 2017 e la quasi immediata introduzione del lavoro occasionale, come regolato dalla legge n. 96 del 21 giugno 2017, sono state oggetto di interesse e di studio da parte di tutti gli attori del mercato del lavoro, in particolare per verificare se e quanto era possibile una sostituzione tra i due strumenti, apparentemente simili ma profondamente diversi. L’impatto dei Contratti di prestazione occasionale (cpo) e del libretto famiglia (Lf) è stato analizzato diffusamente nei precedenti rapporti Inps in cui si è dato conto di come i nuovi limiti di utilizzo hanno fortemente limitato la diffusione delle prestazioni di lavoro occasionale”.
“Se infatti nel 2016, ultimo anno solare completo in cui sono stati vigenti i voucher, il monte lordo complessivo di prestazioni accessorie -spiega l’Istituto- è stato come ordine di grandezza pari a 1,34 miliardi di euro per quasi 1,7 milioni di prestatori, nel 2018, primo anno solare completo in cui sono stati vigenti cpo/Lf, il monte lordo complessivo di prestazioni di lavoro occasionale è stato, come ordine di grandezza, pari a 82 milioni di euro per circa 90.000 prestatori. Più che di una contrazione i numeri raccontano di una frattura, di un cambio di paradigma dovuto a diversi fattori tra cui appunto gli strettissimi limiti di utilizzo intenzionalmente introdotti dalla legge 96/2017. Tra di essi i più importanti a livello generale sono: sul prestatore, 5.000 euro per la totalità degli utilizzatori/committenti; sull’utilizzatore/committente, 5.000 euro per la totalità dei prestatori; possono fare ricorso ai cpo solo le aziende che impiegano non più di 5 dipendenti a tempo indeterminato”.