Una componente primaria della cultura della pastorizia del nostro Paese, nata tra l’Abruzzo e il Tavoliere (per poi svilupparsi anche lungo il Molise e le Murge), la ‘transumanza’ (il trasporto), consisteva nello spostare – al cambio stagione – i greggi verso i nuovi pascoli attraverso specifiche ‘strade bianche’ chiamati i ‘Tratturi’. Un sistema che assicurava ad ovini e bovini il sostentamento, alimentando a sua volta l’indotto della filiera lavorativa che ne conseguiva, rappresentato dai prodotti caseari, la lana, la carne, e le pelli. Insomma, un’attività economica forte, capace fino al 1800, di tenere in vita la metà dei comuni abruzzesi di allora. E’ stato infatti calcolato che, intorno al 1700 (nel periodo del suo massimo sviluppo) i tratturi erano percorsi ogni anno da almeno sei milioni di ovini, per 40/50mila pastori. Talmente erano affollati questi itinerari, che lungo il loro corso negli anni vennero appositamente edificati borghi e paesi. La transumanza si diffuse in tutto il Paese e la sua fine coincise con l’Unità d’Italia, quando molti contadini poterono finalmente riscattare i terreni per dedicarsi alla coltivazione e all’allevamento in proprio.
L’eroico cane da pastore maremmano abruzzese
Tanto per dare idea dell’importanza raggiunta dalla transumanza, basti pensare che gli Aragonesi decisero di investirvi per incentivare l’industria della lana, così come all’epoca fecero sia la Spagna che l’Inghilterra.
Tra le curiosità legate alla transumanza: l’origine del cane da pastore maremmano abruzzese (protagonista assoluto di questa cultura), già citato nell’antica Roma, ed oggi richiesto dagli allevatori di tutto il mondo per la sua rodata ‘perfezione’, e la scoperta dl più antico cammino della transumanza che, a differenza di quanto conosciuto, è invece ubicato in Alto Adige, nella val Senales, e risalirebbe addirittura alla preistoria.
Un’attività ancora oggi in auge ma diversa
Ed oggi, a riprova del grande aspetto culturale rappresentato da quest’antica e preziosa attività, da Bogotà – dove è riunito – il comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco ha deciso di proclamare la transumanza ‘patrimonio culturale immateriale dell’umanità’.
Una bellissima notizia che restituisce dignità a quei milioni di poveri cristi che, in un’epoca di grandi stenti, attraversano valli ed appennini in solitaria, sfidando le intemperie e spesso animali feroci e briganti.
Una rivalsa anche nei confronti di Bruxelles…
Non ultima, complice la pessima assenza d’orgoglio dei nostri rappresentanti a Bruxelles, ad oggi non abbiamo potuto fare a meno di subire la ‘scarsa considerazione’ che l’Europa ha sempre mostrato nei confronti della filiera agro-agricola del nostro Paese, ponendo veti e leggi assurde. Dunque quanto annunciato oggi dall’Unesco in qualche modo ristabilisce anche gli equilibri, riconoscendo a questo nostro comparto il giusto valore e rispetto.
Oggi la transumanza pur avendo mantenuto inalterata la sua storica ‘mission’ è ovviamente svolta con sistemi moderni e regolamentata da precise leggi. Un po’ come dettano le leggi di mercato esiste infatti la ‘grande transumanza’, legata ad accordi europei, che vede coinvolte Italia, Grecia ed Austria, e la ‘piccola’ che, malgrado tutto, riesce ancora a mantenere vivo il ricordo degli anni pionieristici fa il centro ed il sud Italia. Qui infatti, ancora oggi, i ‘Regi tratturi’, accompagnano le greggi che – nella sabina e nel reatino – partono da Amatrice (per poi attraversare l’appenino abruzzese sopra Chieti), così come, dal frusinate, quelli di Ceccano (che passano invece dal lato di Pescocostanzo).
Max