La famiglia Roma si è divisa. Così Mourinho ha sempre definito la sua squadra, ora non sarà più così. Le parole dell’allenatore portoghese, dopo la disastrosa sconfitta in Conference League, segnano il definitivo distacco. Da una parte ci sono 12 o 13 giocatori, loro sì, famiglia, dall’altra parte ‘gli altri’, quelli scesi in campo ieri in Norvegia.
Ma una famiglia che contempli epurati non può definirsi tale. Così ‘papà Mou’ ha fatto figli e figliocci e ora rischia di trascinare tutti verso il basso. Gennaio, mese durante il quale la Roma potrà essere rinforzata, è lontano, nel frattempo la Roma deve puntare al quarto posto. E allo stesso tempo pregare che a nessuno venga un raffreddore.
Perché in caso di assenze Mou non potrebbe far altro che mettere in campo gli stessi che ieri sera ha definito inadeguati. Addirittura più scarsi del Bodo, squadra norvegese finora nota solo per aver fatto da culla al giovane Hauge, giovane poi preso dal Milan. Il 6-1 di ieri segna il punto di non ritorno, non ci può più voltare indietro.
“Abbiamo perso contro una squadra che ha più qualità di noi: la nostra squadra che ha iniziato la partita è inferiore al Bodoe. I primi 12-13 giocatori sono una cosa, gli altri sono un’altra. L’unica cosa positiva è che ora non mi chiederete più perché giocano sempre gli stessi”. Parole che sanno di sentenza, da qui non si trona più indietro.