Di Giacomo Chiuchiolo
“C’è rabbia e delusione. Sono schifata. Non credo più a nulla”. Federica ha un negozio di parrucchiera in via Vetulonia, a Roma. È chiuso da quasi due mesi ormai e lo stava preparando alla riapertura. Ha comprato del materiale e lo ha disinfettato per adeguarlo alle norme sanitarie vigenti. Il 26 aprile ha scoperto però che tutto questo, al momento, non servirà.
L’Italia si prepara alla fase 2, dal 4 maggio diverse attività riapriranno. Parrucchieri e barbieri no. Federica non ci sta, si fa portavoce del dissenso generale che dilaga nella categoria: “Assurdo posticipare l’apertura, con le precauzioni imposte dal decreto saremo tra le attività più sicure – dichiara a Italiasera.it – Sono aperti i supermercati e si può viaggiare sui mezzi pubblici, non vedo perché non possiamo aprire anche noi”.
Una volta alla settimana apre il negozio per tenerlo pulito, mantiene contatti con le clienti e le consiglia ‘per evitare che facciano danni’. “Il lavoro per me è vita – dice – togliermelo è come strappare una parte di me. Stare ferma mi fa sentire inutile”. Continua a muoversi, cerca una via d’uscita, anche se mantenere una famiglia da sola è difficile: “Sfido chiunque a farlo con 600 euro. L’aiuto dello Stato è stato irrisorio. Io ho ricevuto l’indennizzo ma molti altri colleghi ancora no”.
Il 4 maggio è pronta a prendere parte ad una manifestazione organizzata su un gruppo WhatsApp che condivide con diversi colleghi della categoria: “Abbiamo in programma di andare in Campidoglio per protestare e far sentire la nostra voce. C’è gente che non ha più soldi per andare avanti. Se non fosse illegale andrei direttamente nelle case dei clienti, devo essere sincera. Io vivo solo di quelle entrate e da sola con tre figli è impossibile sopravvivere”.
“Ci portano a trasgredire le regole”
Mirko invece è un giovane imprenditore, è un’altra voce che testimonia il malumore della categoria. Ha aperto il suo negozio di barbiere, Barber Pole, a Roma, poi un altro a Fonte Nuova. Ha investito denaro e tempo, ha costruito una realtà giovane e solida costituita anche di diversi dipendenti: “Visto che molte altre attività con contatti ravvicinati tra le persone hanno riaperto, era giusto riaprire anche la nostra”.
Il sentimento tra i professionisti del settore è comune: “Un senso di delusione e di abbandono da parte di uno stato che gira lo sguardo a una categoria in difficoltà”. Anche lui era pronto a riaprire il 4 maggio: “Avevamo comprato dispenser con liquido igienizzante, mantelle usa e getta e asciugamani di carta. Spazzole, rasoi e pettini provvedevamo a igienizzarli già da prima del Covid”, ci dice.
Dovrà aspettare un altro mese almeno per la riapertura fissata al primo giugno, una situazione difficilmente sostenibile: “Affitti, bollette, forniture per l’ipotetica riapertura, una famiglia da mandare avanti e dipendenti in cassa integrazione che non hanno visto ancora un euro… possiamo dire che per riprenderci ci servirà del tempo”.
In più un altro problema da non sottovalutare: “Molti abusivi stanno approfittando del momento. La bellezza per molte persone è un bene primario e non vi rinuncia… Prima della conferenza del 26 aprile ero contro gli abusivi, ma capisco che se uno stato non ci sostiene è giusto sostenerci da soli. Ci portano a trasgredire le regole perché si rischia veramente di non riaprire più”.