Per la prima volta in Italia la mostra intitolata La Nuova Oggettività metterà in risalto il mondo sociale, artistico e culturale, della Germania, fiorita all’epoca della Repubblica di Waimar tra il 1919 e il 1933.
Questa iniziativa avrà luogo a Venezia, negli spazi del Museo Correr, dall’1 maggio al 30 agosto, in concomitanza con la Biennale delle Arti visive. L’importante rassegna proporrà, opere di Otto Dix, George Grosz, Christian Schad, August Sander e Max Beckmann, per illustrare un rivoluzionario linguaggio espressivo che tinge di disincanto i canoni della figurazione.
La mostra è il risultato della collaborazione tra il Los Angeles County Museum of Art (Lacma) e la Fondazione Musei Civici di Venezia (e il supporto di 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore), che insieme sono riusciti a riunire circa 140 opere tra dipinti, fotografie, disegni e incisioni realizzati da una quarantina di artisti. Alcuni di essi molto noti (appunto Otto Dix, Grosz, Schad) considerati i maestri della modernità dell’arte tedesca, altri meno conosciuti (come Hans Finsler, Georg Schrimpf, Heinrich Maria Davringhausen, Carl Grossberg e Aenne Biermann) eppure essenziali per indagare nella sua completezza il movimento.
Durante i 14 anni della Repubblica di Weimar, gli artisti tedeschi dovettero fare i conti con le devastanti conseguenze della prima guerra mondiale, con gli effetti sociali, culturali ed economici del rapido processo di modernizzazione, industrializzazione e urbanizzazione che stava trasformando il volto della Germania, e con le conseguenti problematiche legate alla piaga della disoccupazione dilagante e alla disperazione di vasti strati della società. Quindi, fino all’avvento del nazismo, la prima democrazia tedesca si rivelava un fertile laboratorio di esperienze culturali: dal tramonto dell’espressionismo alle esuberanti attività antiartistiche dei dadaisti, dalla fondazione del Bauhaus e all’emergere di un nuovo realismo.
Ciò che esprime questa rassegna, è senzaltro il modo in cui i pittori tedeschi revisionano larte del ritratto ed esprimono unattenzione per la resa delle superfici.
’’Provenienti da retroterra diversi – spiega la curatrice della mostra Stephanie Barron – questi artisti hanno abolito l’emotività, l’enfasi espressiva e lo slancio estatico per impegnarsi a registrare e smascherare la realtà immediata, osservandola con uno sguardo sobrio e impersonale’’. Nel complesso, prosegue, essi ’’hanno creato il ritratto collettivo di una società alle prese con una difficile transizione, in immagini che, oggi come allora, appaiono stupefacenti’’. Senza alcun dubbio, aggiunge la direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia Gabriella Belli, che ha collaborato alla curatela, ’’la Nuova Oggettività, con i suoi diversi approcci al realismo, talvolta critici o satirici, talvolta freddi e imperturbabili o ammalianti e magici, persino dediti a una resa minuziosa della realtà, hanno risposto alle difficoltà di un’epoca tumultuosa con soluzioni artistiche incisive’’. Dopo l’edizione veneziana, l’importante rassegna andrà a Los Angeles, al Laccia, con una analoga selezione di opere.