L’emergenza sanitaria che ha colpito il Paese negli ultimi due anni ha sottoposto ad una pressione improvvisa e straordinaria le strutture e l’organizzazione del Servizio sanitario nazionale. Sul fronte della lotta al Covid-19, l’assistenza sul territorio non è riuscita ad arginare tempestivamente il diffondersi dei contagi e gli ospedali si sono sobbarcati tutto il peso dell’emergenza, mettendo in crisi soprattutto i reparti di terapia intensiva. Di pari passo la pandemia ha inciso sull’offerta del sistema sanitario che si è visto costretto a rinviare gli interventi programmati differibili e scoraggiare le domande non urgenti. Il tema è stato approfondito durante la tavola rotonda istituzionale moderata da Antonio Benedetti, Presidente Fismad, che si è tenuta durante il 27° Congresso Nazionale Fismad.
“Come medico – ha sottolineato il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri intervenendo con un messaggio scritto alla tavola rotonda – sento l’esigenza che vengano superate le disomogeneità strutturali che anni di sottofinanziamento hanno generato a livello territoriale. E mi sento di dire che proprio dal territorio è necessario ripartire per offrire una sanità più prossima e tarata sulle esigenze di salute del paziente ancor prima che diventi tale, quindi partendo dalla corretta prevenzione. È sul recupero delle prestazioni sanitarie degli interventi sospesi per la pandemia che è urgente intervenire nonché su tutte le attività di screening mancati che possono avere ricadute negative importanti per cui è necessario arrivare preparati”.
A sottolineare le mancanze del nostro Ssn è stato anche Eugenio Gaudio, consulente Area Sanitaria del ministero Salute che ha così commentato: “la pandemia da un lato ha messo in evidenza l’eccellenza della nostra sanità pubblica, che ha risposto in maniera egregia all’emergenza nonostante non fossimo pronti, ma ha anche messo in evidenza le criticità del Ssn, a lungo sottovalutato e sotto finanziato. Sarà fondamentale utilizzare i fondi del Pnrr per ricostituire e potenziare una sanità territoriale che possa promuovere la salute e intercettare precocemente i bisogni attraverso modelli efficaci di assistenza primaria e di integrazione socio-sanitaria. Gli ospedali di comunità saranno il cardine di questa ricostruzione, senza tralasciare l’assistenza domiciliare”.
L’obiettivo è quello di una vera e propria rivoluzione che porti a mettere al centro la figura del medico di medicina generale, architrave del nostro Ssn. C’è bisogno di rafforzare l’assistenza domiciliare per uscire dal modello “ospedale centrico” su cui si è fondato il nostro sistema sanitario sin dagli anni ’60 e ’70 ma che oggi va ripensato con ospedali qualificati e più servizi sul territorio.
Parlando poi della pandemia, possiamo affermare che oggi stiamo finalmente assistendo a una riduzione del numero dei contagi e dei ricoveri in terapia intensiva così come dei decessi. “Questo significa che la vaccinazione di massa sta funzionando – ha commentato Patrizia Popoli, Direttore Centro Nazionale di Ricerca e Valutazione Preclinica e Clinica dei Farmaci dell’Istituto Superiore di Sanità – ma le riaperture potrebbero modificare l’andamento in termine dii contagi. Questo aumento ce lo possiamo aspettare, potrebbe essere fisiologico, forse si svilupperanno nuove varianti, l’importante è andare avanti con la campagna vaccinale per coprire il più possibile la popolazione da questo virus, che non sarà debellato immediatamente e con il quale dobbiamo imparare a convivere in maniera da non paralizzare le nostre vite e, soprattutto, tornare ad assistere i pazienti con malattie croniche che in questo ultimo anno e mezzo hanno sofferto molto”.
La tavola rotonda è stata anche l’occasione per fare il punto su quanto i ritardi nelle diagnosi, causati dalla pandemia, abbiano inciso sulle diagnosi di tumori legati al tratto gastrointestinale. Nel 2020 c’è stato un calo degli inviti mandati ai cittadini per gli screening – 1.929.530 (- 32%) e un calo di persone che hanno aderito (-20%) provocando inevitabilmente una perdita di diagnosi di tumori (- 1.299, pari a – 40%) e di adenomi avanzati (-7.474, pari a -43%).
“Dobbiamo adottare velocemente delle soluzioni: ripensare il percorso di screening, costruire una maggiore comunicazione verso i cittadini italiani e impiegare maggiori risorse in tecnologia endoscopica – ha sottolineato – Elisabetta Buscarini, Direttore Uoc Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Ospedale Maggiore di Crema. Fismad ha come impegno quello di sostenere lo screening per il Ccr a tutti i livelli, compreso quello di parlare direttamente agli italiani. Lo abbiamo fatto con una campagna adottando un messaggio sicuramente aggressivo, che è stato però associato al volto di un attore molto amato dagli italiani per cercare di entrare nelle case di tutti e spiegare loro quanto è importante e prezioso questo percorso che lo stato italiano ha diffusamente sostenuto e implementato per lungo tempo”.
Secondo un’indagine svolta da Domenico Alvaro, Dipartimento di Medicina di Precisione Policlinico Umberto I, risulta che alla gastroenterologia sono destinati meno dell’1,5% dei posti di degenza accreditati sul territorio nazionale. “Andando ad analizzare i dati – ha spiegato Alvaro – quello che è importante sottolineare è che al Nord, al Centro, come nel Sud e nelle isole sono pochissimi o del tutto inesistenti i servizi territoriali. Questi dovrebbero andare a gestire un gruppo di patologie dell’apparato digerente che sono estremamente eterogenee, Questa eterogeneità delle patologie dell’apparato digerente richiede assolutamente l’individuazione e l’attuazione di modelli appropriati, efficienti e omogenei di assistenza gastroenterologica. Il Pnrr dovrebbe perciò ridisegnare la nostra sanità, partendo proprio dall’assistenza domiciliare, il cui l’obiettivo deve essere quello di gestire almeno larga parte della popolazione over 65, e quindi un 15% di questi pazienti. Negli ospedali dovrebbe essere prevista poi una struttura per la gestione delle patologie di media e bassa intensità, il tutto gestito da un Centro di coordinamento”.
“La Gastroenterologia – ha continuato lo specialista – si presta benissimo a questo modello. Fino a oggi, gli accessi al Pronto Soccorso sono intasati da accessi che rappresentano un 50% di patologie gastroenteriche e che non avrebbero nessun motivo di intasare un Ps o richiedere un ricovero in un reparto di gastroenterologia. Ma tutto questo potrà essere realizzato solo mettendo le giuste competenze in queste caselle, soprattutto coinvolgendo le società scientifiche che si sforzano di produrre modelli efficienti in termini di spesa”. “Quanto emerso nella tavola rotonda – ha concluso Antonio Benedetti, Presidente Fismad – ci conferma quello che ci ha già insegnato la pandemia e questa situazione politica importantissima: il territorio e la gastroenterologia devono essere al centro nella gestione della cronicità. Come Fismad, ad esempio, stiamo proprio lavorando in maniera cavalcante sull’istituzione di una Commissione per la Gastroenterologia territoriale. È perciò fondamentale – per noi che ne abbiamo la possibilità – continuare a proporre al ministero della Salute modelli su cui stiamo lavorando da tempo. Questo è il momento opportuno e quello di cui abbiamo bisogno”.