“Quando nel marzo 1990, alla fine del corso allievi agenti, ci diedero le destinazioni, Emanuela si mise a piangere. Non era contenta di andare a Palermo, perché non era una destinazione facile, in quel momento. E poi era lontana da casa, sperava di andare in Sardegna”. Giovanna Gotter è una poliziotta che presta servizio alla Polaria di Milano Malpensa. E’ una collega di corso di Emanuela Loi, l’agente di scorta morta nella strage di via D’Amelio, il 19 luglio di 29 anni fa. Oggi si trova proprio in Via D’Amelio, con il marito, carabiniere in pensione. “Volevo essere qui – dice in una intervista all’Adnkronos – vedere il luogo della strage in cui fu uccisa Emanuela”. Le due donne si conobbero proprio al corso di allievi agenti della Polizia di Stato alla fine del 1989. E per sei mesi hanno diviso l’aula, la camera, le amicizie. “Io, poi, alla fine del corso di Trieste, sono riuscita ad andare al Nord Italia, cioè vicino casa, mentre lei sperava di andare in Sardegna, dove c’era la sua famiglia, anche se sapeva che sarebbe stato difficile come prima destinazione. Ma ci eravamo preparate per sei mesi, eravamo cariche”.
“Emanuela Loi – dice commuovendosi – era una ragazza allegra, socievole, una ragazza spensierata”. “Eravamo nella stessa camera, era una ragazza senza grilli per la testa. Aveva studiato da maestra, ma poi la vita l’ha portata a cercare un lavoro fisso, e così aveva fatto il concorso in Polizia e lo aveva vinto subito, perché era una ragazza molto intelligente. Era sensibile e le piaceva stare tra la gente. Aveva preso seriamente il corso di Polizia, studiava tanto e aveva intenzione di dedicarsi alla gente, come è la nostra professione. La nostra è una missione, se uno non ha lo spirito di volere aiutare la gente, non può fare il poliziotto”. Perché “La Polizia non arresta solo i delinquenti, nella maggior parte dei casi facciamo un servizio per prevenire i reati, non solo per reprimerli”.
Quella domenica pomeriggio del 19 luglio 1992, Giovanna Gotter si trovava in macchina, con il marito. “Quando seppi alla radio cosa accadde ero in macchina – racconta – stavamo tornando dalla montagna. E’ stata una tragedia, la prima cosa che ho pensato è che avrei potuto essere io al suo posto, pensavo ai suoi genitori e a sua sorella, che potevano esser i miei genitori o mia sorella. E oggi sono venuta in via D’Amelio perché mi sembrava giusto venire”. (di Elvira Terranova)