Forse si tratta di una missione non ancora compiuta, o non del tutto. lItalia è però in condizioni migliori di un paio danni fa, quando un largo fronte di partiti prigionieri di un risultato elettorale paralizzante lo costrinse ad accettare un secondo mandato da lui fino ad allora respinto anche solo come ipotesi. Insomma: la crisi di sistema sembra quasi del tutto superata, le fibrillazioni politiche arginate dalla diffusa voglia di stabilità, il cammino delle riforme imboccato, il risanamento delleconomia seriamente avviato. Dovrebbe ispirarsi a questo bilancio in chiaroscuro (ma con prevalenza della luce sul buio, per evitare dessere ansiogeno). Questo il messaggio che Giorgio Napolitano ha rivolto la sera di fine anno agli italiani in tv, a reti unificate. Ovvio che, avendo rivendicato il dovere di parlare «il linguaggio della verità», e magari con durezza, il presidente non ha nascosto i problemi ancora aperti: la disoccupazione, le nuove povertà, la questione morale, lavanzata di umori antieuropei e antipolitici, la rassegnazione alla retorica del declino. Ma, e qui sta un punto sul quale insiste da sempre il capo dello Stato, questa deriva può essere fronteggiata con successo se la politica ritroverà coraggio e se pure i cittadini simporranno uno scatto. Sono diversi gli esempi cui riferirsi, e da lui tante volte indicati: i giovani con la loro ansia di fare, lattivissimo mondo della ricerca, la risolutezza di certi capitani dindustria. Unendo le forze e soprattutto chiudendo bene il cantiere delle riforme (da quella sul bicameralismo paritario, propedeutica a molte altre, a quella parallela del sistema elettorale) lItalia può davvero far partire la modernizzazione di cui cè urgente bisogno e che Napolitano non si è mai rassegnato a non veder completata.
Napolitano ha scelto di sciogliere subito il nodo delle sue dimissioni e lo ha fatto con estrema franchezza: “Sto per lasciare, rassegnando le dimissioni”, ha premesso. “E desidero dirvi subito che a ciò mi spinge l’avere negli ultimi tempi toccato con mano come l’età da me raggiunta porti con sé crescenti limitazioni e difficoltà nell’esercizio dei compiti istituzionali, complessi e altamente impegnativi, nonché – ha spiegato a reti unificate – del ruolo di rappresentanza internazionale, affidati dai Padri Costituenti al Capo dello Stato”. Bisogna quindi tornare alla “normalità costituzionale” e questo significa, ha ammonito il capo dello Stato, procedere subito e “serenamente” all’elezione del nuovo presidente. Sarà proprio questo il primo passaggio fondamentale nel quale le forze politiche dovranno mostrare “maturità” e “senso della nazione”. Su questo tasto il presidente ha battuto molto dal suo studio al Quirinale. Con uno sguardo rivolto al futuro ha cercato di scuotere il Paese da un senso maligno di torpore che lo avvolge spiegando che la reazione alla crisi, alla corruzione e alla criminalità deve essere collettiva. Al punto di invocare una resurrezione del Paese come avvenne nel primo dopo-guerra. “Il cammino del nostro paese in Europa, lo stesso cammino della politica in Italia lo determineremo tutti noi, e quindi ciascuno di noi, con i suoi comportamenti, le sue prese di coscienza, le sue scelte. Più si diffonderanno – ha aggiunto – senso di responsabilità e senso del dovere, senso della legge e senso della Costituzione, in sostanza senso della Nazione, più si potrà creare quel clima di consapevolezza e mobilitazione collettiva che animò la ricostruzione post-bellica e che rese possibile, senza soluzione di continuità, la grande trasformazione del paese per più di un decennio”. Ecco perchè “ciascuno deve fare la sua parte” e tutti devono partecipare “con passione, combattività e spirito di sacrificio”.