Jobs Act: Bersani a Renzi, agevole trovare una sintesi se si vuole

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    “Se un segretario, come penso dovrebbe, vuole trovare una sintesi” sul Jobs Act, “secondo me non solo è possibile, ma anche abbastanza agevole: basta volerlo”. Così Pier Luigi Bersani, interpellato alla Camera, risponde a chi gli domanda cosa accadrà se Matteo Renzi terrà ferma la sua linea sulla riforma del lavoro. Renzi tira dritto: “Il mio impegno è chiaro: realizzare le riforme indipendentemente dalle reazioni”, afferma il premier in un’intervista al Wall Street Journal. “La riforma del mercato del lavoro in Italia è una priorità – continua Renzi – e se i sindacati sono contro per me questo non è un problema”. Il premier aggiunge poi di “escludere categoricamente la possibilità di nuove tasse in Italia”. “Ora non è il momento di tenere elezioni”: così il presidente del Consiglio in un’intervista a Bloomberg Tv ribadendo che l’obiettivo del governo è quello di arrivare al 2018. Il premier ha quindi ribadito la necessità di cambiare la legge elettorale. “Di solito in Italia c’è un approccio di tipo tradizionale: ok abbiamo un problema, andiamo alle elezioni. No, dobbiamo cambiare la legge elettorale per dare un chiaro messaggio su chi sia il vincitore e il perdente”. Cuperlo: serve unità Pd, su art 18 possibile buon senso – E’ “dovere del Pd discutere per trovare una posizione unitaria” sulla riforma del lavoro. Lo dice Gianni Cuperlo, leader di sinistradem, a Rainews24. Cuperlo sostiene che sull’art. 18 si può trovare “una soluzione di buon senso” che preveda l’allungamento del periodo di prova e il mantenimento dell’opzione del reintegro La Cgil apre sull’articolo 18 e il premier Matteo Renzi, da New York, assicura: la riforma del mercato del lavoro “non è rinviabile”. Renzi insiste sull’importanza del Jobs act, da portare a casa in tempi stretti, e dopo la spaccatura interna al Pd sancita dai sette emendamenti presentati dalla minoranza, in Senato, chiarisce che “parliamo con tutti” ma anche che, dopo il voto della direzione, tutto il Pd dovrà adeguarsi. “Lunedì presenterò in direzione le mie idee” sulla riforma del lavoro, che “sono condivise”, poi “ci sarà un dibattito: si discute e alla fine si decide, si vota e si fa tutti nello stesso modo, si va tutti insieme”. Il dibattito sull’articolo 18 resta acceso, non solo sul fronte politico. Da un lato, l’amministratore delegato di Fiat Chrysler, Sergio Marchionne, sostiene che l’articolo 18 “sta creando disagi sociali e disuguaglianze: questa – dice – non è giustizia” e che la riforma del mercato del lavoro è un segnale. Dall’altro, il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, continua a difendere il diritto al reintegro, convinta che cancellare l’articolo 18 significhi rendere il lavoro “più servile”, ma apre sulla possibilità di discutere il numero degli anni in cui lasciarlo ’sospeso’: “Capisco che ci sia una stagione” in cui “l’articolo 18 non vale” ma è necessario “che sia transitoria”, perché “tre anni e sette anni non sono la stessa cosa”. Dopo, però, tutti devono avere una tutela piena.  All’interno del Pd, intanto, si intensificano i contatti tra le diverse anime, proprio in vista dell’appuntamento di lunedì, per arrivare ad una mediazione sul Jobs act. L’attesa è per il ritorno del premier dagli Usa ma qualche esponente dei ’Giovani turchi’ assicura che si avvertono i primi segnali positivi dal governo e dal partito. Tra i senatori della minoranza Pd firmatari degli emendamenti presentati ieri (tra cui quello di garantire la piena tutela dell’articolo 18 dopo tre anni ai neoassunti con contratto indeterminato a tutele crescenti), Maria Grazia Gatti sottolinea che, rispetto a possibili mediazioni e punti di caduta, “ancora non c’è alcun punto di avanzamento significativo”, ma che “c’è la disponibilità a trovare una soluzione, però il reintegro deve esserci. Possiamo ragionare sulle condizioni e sui tempi”. Nel tardo pomeriggio ha preso il via l’esame della delega nell’Aula del Senato. Gli emendamenti complessivamente presentati sfiorano quota 700 (689 per l’esattezza), di cui oltre 500 da Sel (353) e Movimento 5 stelle (158). Da Fi e Lega, per entrambi, 48 proposte di modifica. Il Pd, nel suo complesso, ne ha presentati 31; 9 a firma Sc. Nessuno, così come annunciato, da Ncd. Tra quelli di Sinistra ecologia e libertà, la proposta di limitare il periodo “senza tutele” ad un massimo di sei mesi-un anno, oltre il quale c’è poi per tutti l’articolo 18; le cui garanzie, anzi, vanno estese alle imprese di qualunque dimensione (non solo oltre i 15 dipendenti).  Cogliendo lo strappo interno, il blog di Beppe Grillo in un post si rivolge alla minoranza Pd: “compagni del Pd cosa aspettate ad occupare le sedi e far sentire la vostra voce?”. E ancora: la battaglia per l’articolo 18 è “l’occasione per mandare a casa Renzi”. Una “stupida provocazione”, commenta il deputato del Pd e leader di Sinistradem, Gianni Cuperlo: “Far cadere Renzi sarebbe da irresponsabili”. Sulla questione del lavoro “discuteremo nel Pd e troveremo una soluzione unitaria e utile a riformare il mercato del lavoro in modo positivo e moderno”.