(Adnkronos) – La partita sembrava chiusa e, invece, potrebbe riaprirsi. Con Roma pronta a tornare in pista. Tra i risultati messi a segno dalla premier Giorgia Meloni nella 2 giorni a Washington figura anche il sostegno dell’amministrazione americana alla candidatura italiana all’Expo 2030. Ad annunciarlo è la stessa Casa Bianca nel ‘joint statement’ diffuso nella serata di ieri, quando in Italia era notte fonda. “Gli Stati Uniti accolgono con favore la candidatura dell’Italia a ospitare l’Esposizione Universale nel 2030 – si legge – riconoscendo l’opportunità di utilizzare l’Expo come piattaforma inclusiva per trovare soluzioni condivise a sfide comuni”. ‘Con favore’, si legge nel documento, una frase che può voler dire tutto o niente: da capire se si tradurrà in voti a favore di Roma quando si tratterà di decidere.
Ma a Palazzo Valentini, dove ha sede il Comitato Expo 2030 di Roma, si esulta e si spera. “A livello strategico – viene spiegato – è un endorsement che vale moltissimo e che si aggiunge a quello del Presidente brasiliano Lula arrivato nei mesi scorsi. Sono sostegni di peso, che possono muovere gli equilibri internazionali rispetto ai voti attesi, imprimendo una svolta”. Mancano solo 4 mesi, il 28 novembre il verdetto. Con Riad data finora per favorita, come aveva toccato con mano la stessa Meloni volando a Parigi il mese scorso, ‘ambasciatrice’ di Roma all’assemblea del Bureau International des Expositions.
Una missione, la sua, che aveva segnato il ‘disgelo’ con il Presidente francese Emmanuel Macron, ma che non aveva cambiato la posizione dell’Eliseo sulla partita dell’Expo, ferma al fianco dell’Arabia Saudita. In serata il mega evento all’ambasciata italiana di Parigi, il concerto di Elisa con le proiezioni di Roma a sostegno della corsa per la Exposition universelle. Il volto di Russell Crowe, l’indimenticabile Massimo Decimo Meridio del Gladiatore, prestato alla campagna per promuovere la Capitale italiana. Eppure le speranze sembravano ridotte al lumicino, saltata anche l’idea di un asse, una corsa a due, con Odessa, a seguito della decisione del Bureau di escludere l’Ucraina piegata dalla guerra.
A novembre saranno tre le città ad attendere il verdetto, oltre a Roma e Riad in gioco c’è anche la città coreana di Busan, data tuttavia per sfavorita. L’Arabia Saudita sempre avanti nella corsa, la speranza però è che entrata Papa, Riad finisca per uscirne neppure cardinale. Meloni di fatto non si è mai arresa, convinta che riportare l’Expo in Europa sarebbe un segnale importante, nel segno della tradizione e dell’innovazione.
Così ne ha parlato con Biden, forte anche dell”italian sentiment’ che ha respirato sin dai primi passi mossi nella sua missione a Washington, con lo speaker della Camera, Kevin McCarthy, che le ha raccontato del nonno italiano che a 11 anni ha lasciato l’Italia approdando ad Ellis Island in cerca di fortuna, un senatore che, a Capitol Hill, le ha chiesto di autografare la foto della moglie con i tre figli scattata durante una visita al Colosseo, “è incredibile – continuava a ripetere Meloni ai suoi, durante la cena nello storico Cafe Milano di Washington – quanto amore per l’Italia si respiri in America, mentre noi spesso dimentichiamo chi siamo…”.
Questa mattina, quando a Roma era già pomeriggio inoltrato, la premier ha raggiunto il Cimitero militare di Arlington -dove sono sepolti anche John Fitzgerald Kennedy e la moglie Jacqueline- , rendendo omaggio agli italiani che riposano sotto le piccole lapide bianche, l’una rigorosamente uguale all’altra. Subito dopo è arrivata a Villa Firenze, residenza dell’ambasciatrice d’Italia, per un lungo incontro di due ore con Henry Kissinger, l’ex segretario di Stato americano che ha compiuto nel maggio scorso i 100 anni. “Tempo prezioso” quello trascorso insieme, con quella che Meloni definisce “una delle menti più lucide, punto di riferimento della politica strategica e della democrazia. Un privilegio e un onore dialogare con lui”. Nelle prossime ore la premier rilascerà alcune interviste a network statunitensi, poi, in serata, il ricevimento a Villa Firenze, a chiusura di una missione che viene vissuta come un indubbio successo.