Anche se si fa finta di niente e si continua a ballare sul ponte del Titanic, l’Italia non potrà sottrarsi al suo ruolo naturale, perché storico oltre che geografico, di protagonista politico dell’area del Mediterraneo. Un ruolo che aveva saputo svolgere al meglio in passato, quando a gestire i rapporti col mondo islamico furono personalità forti del calibro di Bettino Craxi e Giulio Andreotti. Una preziosa eredità politico-diplomatica poi raccolta e abilmente gestita da un negoziatore nato, come Silvio Berlusconi. Poi la tragicommedia delle primavere arabe, col corollario di strumentalizzazioni politiche, ideologiche ed affaristiche, da Sarkozy ai pacifisti nostrani, ha mandato in frantumi il delicato equilibrio costruito con anni di paziente dialogo e lungimiranti intese. Ora la parola spetta a Matteo Renzi, che nel suo primo discorso davanti all’assemblea delle Nazioni Uniti ha fatto intendere con chiarezza che non intende farsi indietro ed ha annunciato senza mezzi termini che l’Italia nel mediterraneo svolgerà un ruolo determinato e determinante. Una dichiarazione impegnativa, sia per il consesso nel quale è stata pronunciata, sia soprattutto per il drammatico momento storico che i popoli della terra stanno vivendo e per la posizione di frontiera e di cerniera nella quale si trova il nostro Paese. Una dichiarazione coraggiosa, lungimirante e, probabilmente, non priva di intelligente calcolo politico, secondo i principi dell’illustre concittadino Niccolò Machiavelli, orgogliosamente citato. Renzi sa bene infatti che, se vuole risalire la china sul piano economico, l’Italia deve riacquistare prestigio sul piano internazionale e che lo può fare soltanto se sarà capace di svolgere un ruolo di primo piano nella complessa crisi internazionale, che ha come epicentro appunto il bacino del mediterraneo. Proprio come dice Machiavelli potremmo volgere a nostro favore la condizione finora avversa di essere un paese di approdo, aperto ai flussi migratori dall’Africa e dal medioriente.
Tale condizione dovrebbe legittimarci come interlocutore privilegiato ed ascoltato nei confronti di paesi ancora alla ricerca di legalità e stabilizzazione politica, a cominciare dalla Libia. Bene ha fatto perciò il Ministro Mogherini a ribadire la volonta del governo di dare un contributo concreto alla definizione di un saldo assetto di governo a Tripoli, capace di riportare la legalità e la sicurezza in tutte le regioni del paese, sottraendole ai soprusi e alle violenze delle bande armate.
Del resto, se non si interviene con tempestività e determinazione, tutto il nordafrica, dalla Libia all’Algeria, senza escludere la Tunisia, può diventare fscile terreno di conquista per l’Isis e per altre formazioni terroristiche, che ad esso si richiamano, con gli effetti sconvolgenti sul piano geopolitico, che si possono immaginare. Se questo è vero, occorrerà anche in questo caso passare rapidamente dalle parole ai fatti ed assumere decisioni coerenti anche sul piano militare e degli armamenti. Quando si fa la scelta di essere protagonisti di questa fase politica, non ci si può accontentare di partecipare alle missioni internazionali, fornendo ai resistenti poche mitragliatrici usate e scarse munizioni.
Se, come ha detto Renzi richiamando le parole di Giorgio La Pira, il Mediterraneo deve essere come il lago Tiberiade, un lago di pace, allora è necessario innanzitutto difenderlo dalla barbarie e dalla violenza che è negazione dell’umanità e per difendersi in certe situazioni, quando è in gioco la civiltà, non serve la diplomazia, ma occorrono armi ed eserciti ben attrezzati per fermare la mano di sgozzatori senza pietà e massacratori di donne e bambini. Prima però il Premier Renzi, il Segretario del Partito democratico, dovra fare i conti con la base del suo partito, quella dei pacifisti a buon mercato, che si mettono in pace la loro coscienza da farisei, con una bella passeggiata dai Parioli al Circo Massimo, sventolando una ipocrita bandiera arcobaleno.