Un milione di persone in povertà assoluta in più rispetto al 2019, ovvero circa +335mila famiglie. Sono queste le drammatiche stime preliminari del 2020, annus horribilis, dell’Istituto nazionale di statistica riguardo agli effetti del Covid-19 sull’economia italiana. Una situazione, a dire il vero, sotto gli occhi di tutti, ma ora messa nero su bianco dalla freddezza (e precisione) dei dati. Circa 5.6 milioni di persone vivono in povertà assoluta, l’1.7% in più dell’anno precedente. Sono il 9.4% della popolazione italiana. Si parla di due milioni di famiglie (il 7.7% del totale, da 6,4% del 2019) che fanno fatica a racimolare un pasto al giorno e a comprare beni di prima necessità.
Gli indicatori utilizzati dall’Istat per calcolare l’aumento della povertà assoluta sono le stime preliminari delle spese per consumi delle famiglie. Secondo le stime, nel 2020 la spesa media mensile è tornata ai livelli del 2000, ovvero 2.328 euro. Un calo del 9,1% rispetto al 2019 (2.560 euro). Sono rimaste stabili, date le restrizioni, solo le spese alimentari e quelle per l’abitazione.
Mentre ieri l’Unicef segnalava i disastrosi effetti della pandemia sui minori in età scolastica (nel mondo), oggi l’Istat pubblica i risultati della crisi economica sulla popolazione (in Italia). I più colpiti sono i lavoratori di età compresa tra i 35 e i 44 anni e le famiglie più numerose. Segno che quest’emergenza sanitaria ed economica colpisce (quasi) tutti indistintamente.
L’aumento delle famiglie in povertà assoluta cresce di più al Nord (+218mila famiglie), anche se è nel Mezzogiorno il maggior numero di persone in miseria. In conclusione: secondo le stime preliminari gli italiani non sono mai stati così poveri dal 2005 (ossia da quando è disponibile la serie storica per questo indicatore). Chi pensava di abolire la povertà, purtroppo, si è dovuto ricredere.
Mario Bonito