Home ATTUALITÀ Israele-Hezbollah, conflitto probabile? L’analisi degli 007 Usa

    Israele-Hezbollah, conflitto probabile? L’analisi degli 007 Usa

    (Adnkronos) – L’apertura di un secondo fronte con Israele è possibile se dovessero continuare i “crimini di guerra” contro i palestinesi e il blocco a Gaza. Parola del ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, che si è espresso così dal Libano, dove ha incontrato il premier Najib Miqati, ma anche – secondo i media del Paese dei Cedri – il numero uno del gruppo sciita libanese Hezbollah, Hasan Nasrallah. Al confine tra Israele e Libano sono giorni di tensione, dopo l’attacco di sabato di Hamas in Israele, con scambi di artiglieria e lanci di razzi e il dispiegamento da parte di Israele di riservisti nelle aree verso il confine con il Libano.  

    Anche un falso allarme in Israele. Esperti hanno descritto Hezbollah come l’attore non statale più pesantemente armato al mondo. Ma sarebbe improbabile, scrive il Washington Post sulla base di un documento dell’intelligence Usa, “un attacco massiccio” da parte di Hezbollah, partito politico (con il maggior numero di seggi in Parlamento a Beirut insieme agli alleati) e gruppo armato sostenuto dall’Iran. 

    Eppure, scrive in un’analisi Haaretz, Israele “si muove su una linea sottile” tra Gaza e Libano, “aspettando la prossima mossa di Hezbollah” e l’esercito israeliano dovrà decidere se concentrarsi su un solo fronte o entrambi. Proprio ieri, dopo la riunione dei ministri della Difesa della Nato, Lloyd Austin (oggi a Tel Aviv) ha precisato che gli Stati Uniti non vedono “alcun rafforzamento di forze sul confine” da parte di Hezbollah.  

    Soprattutto tra i commentatori, scrive il giornale israeliano, c’è chi spinge per ‘approfittare’ della guerra per un’altra offensiva contro Hezbollah in Libano, per annientare le capacità del gruppo nel sud del Libano ed evitare una ripetizione dal nord dell’attacco di Hamas da Gaza. E tra i vertici militari israeliani c’è chi ritiene che a nord sia meglio concentrarsi sulle difese di terra, con massicci attacchi aerei se necessario. “E’ una questione di priorità, dove concentrarsi e – si legge su Haaretz – fino a che punto è possibile operare contemporaneamente su entrambe le direzioni, mentre si teme anche per gli attacchi terroristici dalla Cisgiordania e gli incidenti all’interno di Israele”. 

    Funzionari di alto livello dell’Amministrazione Usa, riportava mercoledì la Cnn dopo tensioni al confine tra Israele e Libano, non credono che Hezbollah sia disposto a unirsi a Hamas. A inizio anno, evidenzia il Post, gli analisti dell’intelligence Usa vedevano un equilibrio prevedibile tra Israele e Hezbollah, anche se ancora con violenza, che riduceva il rischio di una guerra su vasta scala nel 2023. Un’analisi di febbraio della direzione dell’intelligence per i capi di Stato Maggiore parla di una posizione di “deterrenza reciproca” da parte di Israele e Libano da quando nell’ottobre 2022 – dopo 11 anni – i due Paesi sono arrivati all’accordo per delimitare i confini marittimi. 

    Così, stando al documento ottenuto dal Washington Post, Israele e Hezbollah hanno adottato misure per “mantenersi pronti” all’uso della forza, ma sono rimasti “all’interno dei loro modelli storici”, ovvero evitare vittime e rispondere in modo proporzionale alle provocazioni. L’analisi evidenzia però anche fattori che potrebbero far saltare l’equilibrio come “l’incapacità” di Hezbollah di “frenare i militanti palestinesi”, come Hamas, attivi in Libano. Ad aprile 34 razzi sono stati lanciati dal sud del Libano in direzione di Israele, un attacco (il peggiore da anni) attribuito a Hamas dai militari israeliani. Un giorno prima leader di Hamas avevano incontrato in Libano il segretario generale di Hezbollah, Hasan Nasrallah. Per mesi, rileva l’analisi, “Israele ha percepito un rischio alto di errori di calcolo a causa dei complotti di Hamas in Libano”. In sostanza per l’intelligence Usa, sintetizza il Post, anche se Hezbollah potrebbe non essere interessato a innescare un conflitto con Israele, nulla è del tutto sotto il suo controllo. 

    Secondo il Dipartimento di Stato Usa, Hezbollah conta su decine di migliaia di membri e sostenitori nel mondo e riceve centinaia di milioni di dollari ogni anno dall’Iran. Stando a fonti aperte israeliane, Hezbollah ha portato il suo arsenale di razzi e missili da circa 15.000 pezzi nel 2006 a 130.000 nel 2021. Nasrallah rivendica il comando di 100.000 combattenti. “Finora – scrive Haaretz – si è avuta l’impressione che stia dando il suo contributo a Hamas dal nord, ma che non abbia ancora deciso di unirsi completamente ai combattimenti, o che abbia deciso per una politica di ‘disturbo’ in preparazione di un attacco quando le forze israeliane saranno impegnate nella Striscia di Gaza”. In un momento in cui le forze israeliane parlano di cooperazione “straordinaria” con gli americani e di forte sostegno dal Regno Unito, prosegue l’analisi del giornale israeliano, l’auspicio è che la rafforzata presenza militare americana (con l’invio nell’area del gruppo d’attacco della portaerei Gerald Ford) funga da deterrente per Hezbollah e Iran. 

    Per Matthew Levitt, del Washington Institute for Near East Policy, ora Hezbollah ha più probabilità di trarre vantaggio dalla guerra nel sud. “Vedo (Hezbollah) cercare gradualmente di cambiare le regole del gioco – ha detto, citato dal Post – Mi aspetto di vedere piccole cose di tanto in tanto lungo il confine, mentre gli Hezbollah cercano di ricordare che sono lì”. La retorica di Hezbollah, evidenzia il giornale, è già cambiata e se inizialmente il gruppo – per bocca di Hashem Safieddine – si era dichiarato “non neutrale in questa battaglia” dopo l’attacco di Hamas in Israele, successivamente è trapelata ‘moderazione’ dalle dichiarazioni del gruppo, con appelli alla solidarietà e alla protesta, pur sottolineando che la “resistenza” è pronta a un eventuale confronto. Posizioni, sottolinea il giornale, ben diverse da quelle di altri gruppi armati nell’area che, come gli Houthi dello Yemen e Kataib Hezbollah dell’Iraq, hanno minacciato attacchi in risposta all’aiuto militare Usa a Israele. I rischi di escalation non mancano mai. Soprattutto con le provocazioni. E, parola di Levitt, “il rischio di errore di calcolo è eccezionalmente alto”.