(Adnkronos) – Il Libano può diventare un nuovo attore nella crisi? La guerra tra Israele e Hamas può allargarsi a un nuovo fronte? Gli Hezbollah sono ideologicamente vicini ad Hamas ma al tempo stesso il loro leader Nasrallah non vuole passare alla storia come “il distruttore del Libano” precipitando il Paese dei cedri in una guerra.
E’ quanto dice all’Adnkronos l’esperto israeliano d’Iran Meir Litvak, sottolineando che probabilmente anche Teheran non vuole che la milizia sciita libanese entri in una guerra più ampia, perché gli è utile in Siria. Quanto agli altri paesi arabi e musulmani, il loro ruolo diplomatico, spiega, rimane “marginale”.
“Penso che Nasrallah sia diviso fra due diversi spinte”, afferma Litvak, interrogato sul silenzio del leader Hezbollah, che non ha ancora preso la parola sulla crisi, mentre la sua milizia sciita ha lanciato missili verso Israele provocando puntali risposte dell’esercito israeliano.
“Ideologicamente Nasrallah è impegnato a sostenere Hamas. Negli ultimi mesi c’è stato un rafforzamento della collaborazione e il coordinamento fra Hezbollah e Hamas per raggiungere quello che loro chiamano ‘l’unità delle arene’, ovvero che, se si combatte su un fronte, l’altra organizzazione si unisce per distogliere l’attenzione delle forze israeliane. Inoltre vi è probabilmente una pressione iraniana su Nasrallah perché aiuti Hamas”, spiega Litvak, docente di Storia del Medio Oriente ed esperto d’Iran dell’università di Tel Aviv.
“D’altro canto, Nasrallah è consapevole che, malgrado la difficile situazione israeliana, una guerra su vasta scala porterebbe immensa distruzione in Libano, paese che si trova già in una drammatica situazione socio-economica. Nasrallah si vanta di essere ‘il difensore del Libano”, non sono così sicuro voglia diventare ‘il distruttore del Libano”‘ – nota Litvak – Inoltre vi è una forte pressione dell’opinione pubblica libanese che non vuole la guerra”.
“Non sono inoltre certo – continua l’esperto israeliano – che l’Iran voglia che Nasrallah vada verso una guerra piena, perché Teheran ha bisogno di Hezbollah nella regione, in particolare per aiutare il regime di Assad in Siria”. “Per questo – spiega Litvak – quello che Nasrallah ha fatto finora è stato di lanciare attacchi che costringono Israele a dispiegare molte truppe al confine con il Libano, invece che a Gaza, provocare vittime in Israele (sono già sei), far innervosire gli israeliani. Ma finora, e sottolineo finora, tutte queste misure sono sotto la barra dell’attacco su larga scala che porterebbe ad una guerra”.
Quanto agli altri paesi arabi e musulmani, Litvak ritiene che il loro ruolo finisca per essere “marginale”. “Alcuni, come l’Egitto e gli Emirati, potrebbero sperare in cuor loro che Hamas venga sconfitto perché odiano i Fratelli musulmani. Per loro una vittoria di Hamas significa una vittoria dell’Iran. I sauditi hanno messo in pausa i colloqui di normalizzazione con Israele perché vogliono mostrarsi come un paese che si preoccupa dei palestinesi, stigmatizzando le politiche di Israele come causa dell’attacco di Hamas. I sauditi non hanno inoltre influenza su Hamas, neanche sulla questione del rilascio dei bambini in ostaggio”.
“L’Egitto – continua Litvak – teme che un disastro a Gaza porterebbe centinaia di migliaia di palestinesi sul suo territorio. La Giordania si preoccupa che manifestazioni pro Hamas mettano in pericolo la stabilità del paese”.
Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, nota ancora l’esperto israeliano, “è tornato al vecchio approccio emozionale di odio verso Israele. C’è stata una qualche riconcilazione fra Turchia e Israele negli ultimi mesi a causa della crisi economica turca, ma ora, mentre la situazione economica potrebbe migliorare, e siccome ha sempre simpatizzato per Hamas, Erdogan è tornato ad attaccare Israele. E per il momento la sua influenza diplomatica è minima”.
Infine, Litvak ricorda che gli Stati Uniti hanno avvertito Iran ed Hezbollah a non intervenire. “Spero che ciò serva da deterrente – commenta – ma possiamo essere certi che gli Stati Uniti agiranno se gli Hezbollah attaccheranno? Non lo so. L’ultima cosa che vogliono gli americani è rimanere coinvolti in un altro conflitto militare in Medio Oriente. Biden deve inoltre affrontare elezioni l’anno prossimo e ciò complica la situazione”.