(Adnkronos) – ‘Israele non sta affrettando l’operazione militare a Gaza, ma il futuro della campagna rimane complesso’. Questo il titolo di un’analisi pubblicata dal sito di Haaretz e firmata dal giornalista Amos Harel, secondo il quale in queste settimane Israele ha ottenuto risultati “impressionanti” e il sostegno degli Stati Uniti è ancora “costante”. La realtà, tuttavia, “non è statica”.
In un bilancio parziale alla fine della terza settimana dell’operazione di terra nella parte nord della Striscia, Harel ha evidenziato che le Forze di difesa israeliane (Idf) intorno a Gaza City hanno incontrato “meno resistenza del previsto” e “danni immensi sono stati inflitti all’esercito di Hamas”, con la sua capacità di esercitare un governo nell’area attaccata di fatto “annullata”. “Ma Hamas nel suo complesso non si è arresa e la sua leadership è apparentemente lontana dal farlo”, ha riconosciuto il giornalista, citando anche un’analoga analisi dell’esperto Michael Milshtein, secondo cui “siamo ancora lontani dalla svolta” in questo senso.
Alla luce dei successi militari, il ministro della Difesa Yoav Gallant e i vertici delle Idf vogliono portare avanti l’operazione a pieno ritmo e credono che ulteriori colpi ad Hamas costringeranno il suo leader, Yahya Sinwar, a fare maggiori concessioni nei negoziati sugli ostaggi, prosegue il giornalista, secondo cui questo spiegherebbe anche il continuo tergiversare del governo Netanyahu, che da giorni – nonostante le pressioni – non concretizza l’accordo sul tavolo che prevede il rilascio di circa 70 ostaggi (un numero più basso di quello che Israele vorrebbe) in due fasi, in cambio della liberazione di 150 donne e minori palestinesi detenuti dallo Stato ebraico.
Ci sono ampie zone della stessa Gaza City, in particolare i quartieri settentrionali e meridionali, dove le Idf non hanno ancora operato sul terreno. Gallant e gli ufficiali dell’esercito parlano apertamente della necessità di occuparsi poi anche della parte meridionale della Striscia di Gaza, l’area a sud di Wadi Gaza, fa notare Harel nelle ore in cui il capo di Stato maggiore, Halavi, ha parlato della necessità di espandere le operazioni proprio a sud. Serve una svolta, aggiunge il giornalista, per quanto riguarda l’efficacia dei raid contro la leadership di Hamas.
Netanyahu, dal canto suo, deve fare i conti con quanto annunciato alla popolazione dopo il massacro del 7 ottobre. Molto difficilmente, sottolinea Harel, l’opinione pubblica accetterà “uno scenario finale che non preveda una sconfitta violenta di Hamas e lo sradicamento delle principali capacità dell’organizzazione da Gaza”. Non basterà al primo ministro annunciare di aver inflitto un “duro colpo” a Hamas, come accaduto in seguito all’Operazione Margine Protettivo, all’Operazione Pilastro di Difesa e a una serie di operazioni minori condotte a partire dal 2012.
“Il suo procrastinare nel portare avanti l’accordo per i prigionieri ha un lato complementare: il suo ostinato rifiuto di discutere le possibili conclusioni delle ostilità e gli scenari sul giorno dopo a Gaza, e in particolare le sue affermazioni che non ci sarà spazio per l’Autorità Palestinese a Gaza se Hamas verrà davvero sconfitto – precisa il giornalista – Questa posizione è in conflitto con la conclusione raggiunta dagli esperti che si occupano della questione”.