Si può appena immaginare lo sconcerto di Lidia Solano Herrera, una cubana ormai da anni residente a Longarone nel Bellunense, nel rivedere sulle foto dellIsis suo figlio Ismail, rapito nel novembre 2013 e portato in Siria dal padre Ismar Mesinovic, arruolato allora nelle truppe integraliste della Siria. Questo era il futuro immaginato per un bimbo innocente dal proprio padre che in Italia era un normale imbianchino. Pochi mesi dopo il rapimento, spuntarono sul web alcune immagini che ritraevano limbianchino morto in seguito ad un combattimento, ma del piccolo nessuna traccia. Solo alcuni parenti bosniaci di Mesinovic hanno inviato alcuni sms alla mamma tranquillizzandola, dicendole che il piccolo starebbe bene. Lultimo sms risale a mercoledì scorso, inviato dallamico macedone di Ismar, Munifer Kalameleski, che assicura «Ismail sta bene».
I carabinieri dei Ros di Padova indagano sull’autenticità delle fotografie che immortalano un bimbo con fascetta nera dell’Isis sul capo, circondato da miliziani jiahidisti. Ma il loro lavoro non finisce qui. Tra i punti caldi della ricerca si indaga sulla rete dei reclutatori della Jihad in Veneto: fondamentalisti islamici attivi a Belluno e a Treviso, che arruolano future nonché certe vittime della guerra santa, pronte a partire per i territori controllati dal Califfo tra la Siria e lIraq.
A me sembra proprio lui. Il cuore di una mamma non può sbagliare”. Questo è quanto afferma Lidia in un colloquio con il Corriere della Sera e in un’intervista a Repubblica, soffocando le lacrime e osservando alcune fotografie diffuse dai fiancheggiatori dell’Isis, che mostrano un bimbo al fianco dei miliziani che potrebbe proprio essere Ismail.
In queste foto mostrate su AnnoUno in onda su L a 7, il piccolo tiene per mano un uomo e porta a tracolla un piccolo mitra. In un’altra è ritratto a cavallo di una moto, vestito proprio come un integralista, non di certo contento, con un combattente islamico. La battaglia mediatica è aperta. I quotidiani ribadiscono che non vi è certezza che quel bambino sia Ismail, ma la mamma è più che sicura di quello che ha visto. Fiancheggiata dagli investigatori, che riconoscono la somiglianza del bimbo tra le foto scattate prima e dopo del rapimento, non si dà per vinta.