ISIS, LA GUERRA COMBATTUTA A COLPI DI INTERNET – di Luca Crosti

Dopo gli attentati di Parigi dello scorso 13 novembre la risposta della Francia è arrivata perentoria. Prima con la dichiarazione del Presidente francese Hollande “La Francia è in guerra” e poi con i bombardamenti sulla città di Raqqa, roccaforte dell’Isis. Quella che si profila, però, non sembra essere più la guerra a cui tutti siamo abituati. A farla da padrone non sono più solo le classiche armi e strategie ma anche il web e gli strumenti forniti dalla rete, con risultati più o meno positivi.

Osborne: “minaccia cyberattacchi nel Regno Unito”

La conferma più recente arriva dalle parole di George Osborne, cancelliere dello Scacchiere del Regno Unito, il ministro che nel governo britannico si occupa di tutte le materie finanziarie. Come si legge nel discorso che Osborne pronuncerà oggi al Quartier generale del governo per le comunicazioni (Gchq), l’Isis starebbe cercando di acquisire le conoscenze necessarie per sferrare cyberattacchi in Gran Bretagna. L’obiettivo sarebbero le infrastrutture chiave come la rete elettrica, gli ospedali e il sistema di controllo del traffico aereo.  Sempre stando alle parole del cancelliere, riportate dalla Bbc online, i danni derivanti da simili attacchi non sarebbero esclusivamente economici, ma anche in termini di vite umane.

Fino ad ora, in ogni caso, l’uso di Internet fatto dai membri dell’Isis si è limitato ad attività di propaganda e, sembrerebbe, di coordinamento e organizzazione degli attentati.

Il fronte occidentale nel web

Sul fronte occidentale, la risposta ai morti di Parigi non si è realizzata solo attraverso i bombardamenti francesi, come dimostra il video rilasciato su Internet in questi giorni dal gruppo di attivisti Anonymous. Le parole dell’uomo ripreso nel video con la maschera di Guy Fawkes, rappresentazione del volto del cospiratore britannico del 1600 utilizzata nel film “V per Vendetta”, sono dure e decise: “Noi non ci arrenderemo, noi non perdoneremo e faremo tutto ciò che è necessario per mettere fine alle loro azioni. Aspettatevi la nostra totale mobilitazione. La violenza non ci indebolirà, ma ci darà la forza per unirci e combattere insieme la tirannia e l’oscurantismo. Noi siamo Anonymous. Noi siamo legione. Non dimentichiamo. Non perdoniamo. Aspettateci”.

I toni trionfalistici, però, sono stati smorzati ieri da Umberto Rapetto, generale della Guardia di Finanza in congedo ed esperto a livello internazionale di sicurezza informatica, in un’intervista rilasciata all’Adnkronos. Secondo l’esperto, infatti, i mezzi a disposizione di Anonymous non sarebbero in grado di fermare l’operatività dell’Isis, ma solamente di frenare la sua propaganda. Un aiuto, sì, ma solamente in termini di idee o di iniziativa, stando alle parole di Rapetto, quello che potrebbero fornire gli hacktivisti. Negli anni i membri di Anonymous si sono resi protagonisti di importanti attacchi informatici ad aziende e istituzioni. In Italia a farne le spese, tra gli altri, sono stati il Ministero dell’Interno, il Ministero della Difesa, Equitalia, Enel, Polizia di Stato e i Carabinieri. Contro il terrorismo islamico si erano mossi, invece, l’8 febbraio 2015 dopo l’attentato a Charlie Ebdo, bloccando gli account social dei reclutatori dell’Isis. Sempre stando a Rapetto, però, contro i terroristi le difficoltà sarebbero maggiori visto che “in questo caso non si tratta di sabotare una multinazionale che ha una sua fisicità, l’Isis non ha infrastrutture da bersagliare”.

L’arma a doppio taglio di Internet

Gli strumenti forniti dal web e dai social network possono svolgere un ruolo di estrema importanza. L’ha dimostrato Facebook con il “Safety Check” attivato durante la terribile notte di Parigi e con cui chi si trovava nelle zone colpite dagli attentatori poteva far sapere ad amici e parenti di essere in salvo. L’uso che se ne fa, però, non è sempre dei migliori e sempre più frequentemente vengono lanciate notizie prive di fondamento. I giorni post attentati ne sono ulteriore prova. Si tratta di due foto, divenute virali ma rivelatesi palesemente false. La prima è quella che ritraeva uno dei possibili attentatori con indosso una cintura imbottita di esplosivo e con il Corano tra le mani. L’immagine arriva anche in televisione, ma, poco dopo, lo scoop si rivela essere un falso ritoccato con Photoshop.

Altra immagine è quella delle bombe francesi con scritto “From Paris with love” che sarebbero state scaricate su Raqqa. Si scopre, in realtà, che la foto era stata pubblicata da alcune pagine Facebook come “U.S. Army W.T.F. Moments”, che ironizzano sull’esercito statunitense.  Anche stavolta, quindi, un falso in piena regola.

Il caso Google

Resta un mistero, invece, il caso scoppiato ieri pomeriggio intorno a Google. Per qualche ora infatti, il servizio di traduzioni online “Google Translate” ha tradotto, dall’italiano in ogni altra lingua, la frase “Ci rivedremo presto” con la parola araba “Inchallah”, che significa “sia fatta la volontà di Dio”. La società americana ha provveduto a correggere l’errore senza però dare indicazioni su cosa abbia causato il fatto. Non è dato sapere, almeno per ora, se si sia trattato di un hackeraggio ai danni del colosso del web o di uno scherzo di cattivo gusto.

Questo è il mondo di Internet e tutto ciò che gli ruota intorno. Può essere utile o meno, a volte si può controllare e altre volte no, ma è uno strumento di cui non possiamo più fare a meno. Né noi, né le guerre pronte a scoppiare.