Siamo in guerra dichiarava il presidente francese Francois Hollande a seguito degli attentati che colpirono Parigi il 13 novembre dello scorso anno. Unaffermazione che, nonostante un intervento militare caratterizzato prevalentemente da raid aerei più che un vero e proprio attacco organizzato anche via terra, è impossibile negare. Tanto vera quanto è vero, daltra parte, che il conflitto che si sta combattendo contro lo Stato islamico è ben diverso da quelli cui eravamo abituati. La conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, arriva dagli Stati Uniti, ufficialmente pronti a scatenare una cyberguerra contro lISIS.
LAmerica si appresta quindi ad aprire un nuovo fronte nel conflitto contro quella che al momento si configura come lorganizzazione terroristica più pericolosa e ben organizzata al mondo, affiancando alluso delle tradizionali armi quelle messe a disposizione da Internet. La notizia è stata diffusa ieri dal quotidiano New York Times, il quale ha affermato che, secondo alcune sue fonti, sarebbe stato lo stesso presidente Obama a richiedere questo tipo di intervento per arginare la minaccia jihadista.
Ad occuparsi della nuova offensiva sarà il Cyber Command, braccio militare della National Security Agency (NSA), ovvero lagenzia di sicurezza degli Stati Uniti. La divisione già in passato si era occupata di spiare i movimenti sul web dei terroristi, ma le sue attività si erano concentrate principalmente su quelli che, evidentemente a torto, si pensava fossero obiettivi ben più importanti. Tra questi, Cina, Russia, Iran e Corea del Nord. Dal semplice spionaggio ora si passerà ad unazione volta non solo a controllare le attività degli affiliati allo Stato Islamico, ma soprattutto indirizzata a far ritorcere contro IS gli stessi strumenti da questo usati. Si tenterà in primis di bloccarne il reclutamento e la possibilità di diffondere messaggi. È previsto, inoltre, il tentativo di imitare i suoi comandanti e di modificare i loro ordini. Generando confusione nella catena militare dellISIS, le coordinate che i combattenti andrebbero a ricevere non sarebbero quelle dei propri superiori, bensì quelle decise dalle forze della coalizione. Il fine sarebbe di riuscire a dirigerli verso le zone più vulnerabili agli attacchi di droni e forze locali.
In realtà, questa forma di intervento non è nuova al mondo occidentale. Già da mesi lorganizzazione di hacker Anonymous ha messo in piedi operazioni simili bloccando, almeno secondo quanto dichiarato dagli stessi, diversi account di soggetti legati allISIS presenti sui social network. Quella che verrà condotta dagli USA, quindi, pur non essendo in generale la prima, lo è dal punto di vista ufficiale. Fino ad ora infatti nessuna nazione aveva, almeno pubblicamente, dichiarato di voler ricorrere agli strumenti cibernetici.
Un tipo diverso di offensiva che si proverà ad attuare vista la consapevolezza, raggiunta però estremamente in ritardo, di quanto lutilizzo del web sia di fondamentale importanza per lautoproclamato califfato. Ciò per diversi motivi, primo fra tutti lattività di reclutamento. Svolta direttamente dai miliziani dellISIS o meno, è grazie ai numerosi siti e forum presenti sul web che la galassia jihadista ha avuto modo di espandersi a macchia dolio. È qui che nascono i nuovi martiri, qui gli uomini e le donne che poi tenteranno di andare a combattere in Siria o proveranno a organizzare attentati nelle città di tutto il mondo iniziano a prendere coscienza di ciò che dovranno fare.
Luso di Internet è altrettanto importante per la propaganda. Gli stessi siti e forum, oltre che i vari social network, diventano fondamentali per diffondere il proprio messaggio, gli obiettivi e esaltare le vittorie conseguite ai danni dei cosiddetti infedeli. E in un incontro tra vecchie e nuove forme di comunicazione, è sempre qui che viene diffusa Dabiq, la rivista ufficiale dello Stato Islamico.
Il mondo nel corso dei secoli è cambiato e con esso il modo in cui i conflitti bellici si svolgono. Lo scoppio definitivo della cyberguerra ne è la conferma. Ciò che resta da vedere, però, è se alla fine questa porterà ai risultati sperati e se sarà in grado di riuscire lì dove le armi tradizionali hanno fallito. Finora il fondamentalismo e il terrorismo non si sono arrestati e anzi, hanno continuato ad ampliarsi. Potrebbe essere la guerra combattuta su Internet a segnarne la definitiva capitolazione o potrebbe, anchessa, fallire.
Luca Crosti