Altro che i fastosi tempi della civile Mesopotamia, le mirabilia di Bagdad, città di mille e una notte. Dall’avvento della Guerra del Golfo nei ’90 – ma anche molto prima in termini di democrazia negata – questo paese è divenuto purtroppo una polveriera. Oggi poi, con una crisi economica (altro che i bei tempi del greggio) dilagante, le differenze sociali sono divise da un abisso di ignoranza, soprusi e violenza. Con la disoccupazione a livelli ‘planetari’ ed un governo poco incline ai servizi pubblici – tacciato di corruzione – la protesta continua a montare, ed è ormai quotidiana la protesta nelle strade.
La stessa ‘Alsumaria’, seguitissima emittente televisiva nazionale, continua a riferire di violenti scontri tra i manifestanti e le forze di sicurezza governative, pronte all’uso di lacrimogeni, cannoni ad acqua… e fucili. Oggi ad esempio è giunta notizia di almeno tre manifestanti uccisi.
Dal canto suo la Commissione irachena per i diritti umani, ha riferito, sempre da Bagdad, di oltre 50 feriti, tra i quali anche un giornalista, ritenuto in “gravi condizioni”.
Dall’inizio del mese, tra la popolazione scesa nelle piazze per invitare il primo ministro Adel Abdul Mahdi a fare in fretta le valigie, sono stai contati complessivamente oltre 100 morti ed almeno 6.500 feriti. Le autorità hanno così deciso di adottare lo stato di emergenza e, onde evitare l’ulteriore allargamento delle violente proteste, il ministero dell’Interno ha chiesto alle forze di sicurezza di non rispondere alle provocazioni e, soprattutto, di usare ‘moderazione’: si è finalmente capito che ”un uso eccessivo della forza” non può che comportare altri morti… Il tutto ovviamente nell’indifferenza generale del mondo.
Max