“Che fa un cattivo, la mattina si rade e si dice ‘oggi sarò il più cattivo al mondo’? Non credo. Joll non è solo cattivo, sarebbe stato semplice: è una persona senza emozioni o in quell’uomo c’è un bambino spezzato? Ha allontanato l’emozione, posto dei muri dentro di sé, ma che fa quando è da solo, piange in bagno? Il Joll esteriore è sadico, quello dentro masochista, ed è il masochista ad avere il controllo. Gli occhiali? Sono occhiali minacciosi, un modo per mantenere l’armatura”.
Sorridente e rilassato, Johnny Deep si concede a stampa e fotografi raccontando il suo personaggio, un colonnello violento, chiamato ad arginare l’arrivo dei barbari.
“Il libro, e ora il film – spiega ancora l’attore – ha qualcosa di sorprendente: è come un faro che rimane lì, ha argomenti pertinenti al mondo di oggi, in tanti luoghi diversi. Il tema è chi decide, come il potere diventa potere, chi decide chi non è indispensabile e può essere scartato”.
Fatto sta che questo ‘Waiting for the Barbarians‘, che il regista Ciro Guerra ha tratto dal libro di J. M. Coetzee, sembra essere abbastanza convincente. “Il romanzo – spiega il regista – è allegoria della costruzione del mondo intorno al potere e alle cose di cui il potere ha bisogno per controllare persone. L’adattamento l’ha fatto Coetzee stesso, e mi ha sorpreso la profondità del testo, mi ha incoraggiato a metterci mano, a toccarlo. Non solo, mentre lo giravamo, sempre meno Waiting for the Barbarians mi sembrava un’allegoria, ma assomigliava al mondo di oggi”. Qualcuno chiede perché un altro finale rispetto a quello del libro: “Il 2019 è diverso da 1980, alla fine c’è incertezza totale: non si sa chi sta arrivando – replica Guerra – Il film è diverso dal romanzo, l’unico modo è tradirlo”. Ad ogni modo, aggiunge ancora, “Abbiamo bisogno dei barbari, possiamo odiarli, puntarci contro il dito, difficile è capire che il dito dovremmo rivolgerlo contro di noi”.
Accanto a Depp ci sono Greta Scacchi, Robert Pattinson, Gana Bayarsaikhan e Mark Rylance. Quest’ultimo, nel ruolo di un magistrato di buon senso che non condivide affatto i modi sadici di Joll/Deep, rivela che “Molte cose che fa il magistrato le avrei fatto anche io, mi sono reso conto della cultura barbara in Inghilterra a causa dell’imperialismo sulla natura. C’è inconsapevolezza della fetta pancetta che mangiamo, non sappiamo quanto è stata torturata la bestia. Il punto centrale convivenza con altri, con tutte le cose, senza vittimizzazione. Non c’è impotenza nel mio magistrato, lui e il colonnello sono due lati della stessa moneta imperialista, il torturatore e il salvatore, che contribuiscono alla vittimizzazione delle persone: lo so, è difficile da capire”.
Infine, prima di congedarsi Deep ringrazia affermando che “E’ bellissimo essere al festival con mia figlia, può solo farmi piacere. Quando era più piccola veniva spesso a Venezia con me, e oggi vedere una giovane donna che si presenta con grande dignità, avendo fatto le sue scelte – poteva fare film dove si guadagna molto, ma non fa parte di lei. I miei figli sono i miei dei”. Quindi una ‘sviolinata’ che non guasta, inorgogliendoci: “Lavorare in Italia è incredibile, le persone parlano bene l’italiano, il cibo è buono, di tanto in tanto bevo un goccio di vino…”. Inevitabili le risa dalla sala, e lui candidamente: “mi piace, perché ridete?”.
Max