Giorni febbrili per il mercato dellauto dopo il recente provvedimento del Parlamento Europeo, che obbliga ufficialmente i costruttori a ridurre le emissioni di CO2 del 40% a partire dal 2030. Facile prevedere che lo scontro tra istituzioni europee e industria automobilistica si inasprirà ancora di più nei prossimi giorni: la proposta della Commissione inizialmente si fermava al 30%, soglia già considerata irrealistica dallindustria, ora invece si alza ancora di più la posta con il 40%. Sembra però che ci sia ancora tempo per giungere ad una mediazione: la misura dovrà infatti passare per il cosiddetto trilogo, un negoziato tra Parlamento e Consiglio con la mediazione della Commissione.
Il voto a Strasburgo può avere conseguenze enormi sul mercato dellauto privata e dei piccoli furgoni ma le ricadute sui consumatori non sono ancora del tutto chiare. Acea, lassociazione che rappresenta i maggiori 15 gruppi automobilistici in Europa, sostiene che lauto a bassissime emissioni che sogna il Parlamento costerà molto cara agli europei, perché saranno gli stessi costi di produzione a subire unimpennata. Il voto di oggi rischia di avere un impatto molto negativo sui posti di lavoro nella catena di produzione dellauto e forzerebbe essenzialmente lindustria a una trasformazione sostanziale a tempi record è il commento a caldo del il segretario di Acea Erica Jannaert. Lo spazio per i miglioramenti tecnologici, dicono i costruttori, ormai è molto ristretto e per rispettare i parametri Ue lunica via è lelettrico.
Elettrico, lalternativa che stenta. Che però non ha ancora conquistato gli europei: oggi solo l1,5% delle auto vendute nel vecchio continente è a propulsione elettrica, ma è una media di Trilussa perché in Grecia e nellest Europa le vendite rasentano lo zero. In Europa cè però chi accusa i costruttori di fare il doppio gioco: Oggi sappiamo che i produttori europei investono, per lelettromobilità, 21 miliardi in Cina e solo 3 in Europa. Lobiettivo è quello di portare questi investimenti nel nostro continente dice Eleonora Evi, europarlamentare del Movimento 5 Stelle. Acea parla invece di 54 miliardi lanno in ricerca e sviluppo per la decarbonizzazione del settore.
LEuropa, in prima linea nella lotta al cambiamento climatico, sta facendo molta fatica a contenere le emissioni delle auto. Anzi: secondo i dati di Acea, stiamo solo cominciando a vedere leffetto boomerang della lotta al diesel. Le limitazioni imposte (anche da diverse città italiane) non stanno infatti spingendo i cittadini allacquisto di auto elettriche ma di auto a benzina, più inquinanti del diesel a livello di CO2 emessa ma più economiche delle elettriche e delle ibride. Risultato: in alcuni Paesi europei le emissioni di anidride carbonica nel 2017 sono aumentate rispetto allanno precedente.
Lelettrico e i posti di lavoro. Se pochi europei acquistano auto elettriche non è solo per il costo iniziale ma anche perché è difficile trovare un punto in cui far rifornimento. Altre vagonate di denaro dovranno essere spese per migliorare le infrastrutture di ricarica (le colonnine che servono per fare il pieno alle auto elettriche) e non solo.
Lobiettivo è quello di creare unindustria europea delle batterie, che oggi importiamo quasi solo dalla Cina dice Damiano Zoffoli, Pd, del gruppo Socialisti e democratici. Secondo la relatrice della proposta approvata oggi, la maltese Miriam Dalli, se lEuropa producesse le batterie entro i propri confini, si guadagnerebbero quasi 100.000 posti di lavoro. Che lindustria della batteria possa salvare posti di lavoro è anche lopinione di Massimiliano Salini, europarlamentare di Forza Italia nel gruppo del Ppe, che però nel complesso boccia la proposta approvata a Strasburgo: Oggi in Parlamento hanno prevalso lincompetenza e lideologia. Una pessima performance che non tiene conto di unindustria che oggi in Europa assicura moltissimi posti di lavoro. La riduzione del 30% sarebbe stata molto più realistica. Ora speriamo solo di rimediare nel corso delle negoziazioni. Lauspicio diventa uno spauracchio per la pentastellata Evi: E successo molte volte: il Parlamento migliora una proposta della Commissione ma poi si va a schiantare nelle negoziazioni con il Consiglio. Che, val la pena ribadire, si tengono rigorosamente a porte chiuse.
Nel voto di oggi, oltre alla soglia del 40% entro il 2030, è stato fissato anche un obiettivo intermedio del 20% entro il 2025. I costruttori che sforeranno dovranno pagare unammenda che la Ue destinerà ai lavoratori colpiti dai cambiamenti del settore automobilistico.
Unaltra soglia stabilita a Strasburgo: entro il 2030 il 35% delle vendite di nuove auto dovrà essere a emissioni zero o a basse emissioni (cioè meno di 50 grammi di CO2 per chilometro), con soglia intermedia del 20% entro il 2025. Il Parlamento ha anche invitato la Commissione a rivoluzionare i test delle emissioni delle auto, dopo il dieselgate. Lidea è quella di introdurre un test in condizioni di guida reali anziché in laboratorio. Fino a quando non verrà introdotto questo nuovo test (lidea è di renderlo operativo dal 2023) il Parlamento ha proposto di misurare le emissioni sulla base dei dati dei contatori del consumo di carburante delle automobili.