Lanciare un New Deal delle competenze 4.0 che permetta di ridare centralità all’istruzione tecnico scientifica con programmi più inclusivi, promuovendo, da un lato, una formazione continua dei lavoratori all’interno delle imprese per consentire di stare al passo dei tempi, dall’altro, investimenti sulle competenze digitali per la rinascita del Mezzogiorno italiano. Questi sono i primi risultati dello studio “Capacità e competenze per l’Intelligent Manufacturing” realizzato da The European House – Ambrosetti, in collaborazione con Philip Morris Italia, presentati oggi a Taranto in vista della riunione interministeriale del G20 sui temi del lavoro e dell’istruzione che si terrà la prossima settimana a Catania.
Un percorso di studio basato su dati raccolti tramite interviste ai vertici di Regioni, Istituzioni scolastiche, Its, parti sociali, Università, Associazioni di categoria, Ministeri attivi sul tema dello sviluppo delle competenze e della formazione nonché indagini rivolte a oltre 150 imprese su tutto il territorio che vedrà la sua conclusione in autunno con la presentazione di un policy paper per il rilancio delle competenze per la manifattura del futuro.
La ricerca ha messo in luce come il progresso tecnologico e lo sviluppo delle competenze connesse all’Intelligent Manufacturing stia portando a un cambio di paradigma dei processi produttivi, ormai connessi all’interno di un ecosistema intelligente dove macchine e capitale umano sono perfettamente integrati. Ne deriva un’ottimizzazione dei processi produttivi esistenti oltre all’emergere di nuovi processi grazie ai quali l’Intelligent Manufacturing potrà rappresentare il motore principale per una crescita sostenibile ed inclusiva. Tra i sistemi manifatturieri, quello italiano ha l’opportunità di giocare un ruolo di primo piano grazie al suo posizionamento internazionale: quinto Paese al mondo per surplus manifatturiero, con tre tra le prime cinque Province europee superspecializzate nella manifattura. In questo contesto l’attuazione del PNRR, e i relativi investimenti in istruzione, ricerca, innovazione e tecnologia, possono rappresentare un’occasione unica per accompagnare il tessuto produttivo in questa evoluzione.
“Questo studio rappresenta un importante punto di partenza per elaborare l’offerta formativa del nostro Institute for Manufacturing Competences, che inaugureremo a Bologna accanto al nostro stabilimento nella seconda parte dell’anno e sarà focalizzato su tre aree fondamentali per l’industria 4.0: formazione, trasferimento tecnologico e open innovation e ricerca applicata. Per me e per le oltre 30.000 persone della filiera italiana di Philip Morris, è un orgoglio contribuire a un progetto per lo sviluppo e l’individuazione delle competenze per la manifattura del futuro.” ha dichiarato Marco Hannappel, Presidente e Amministratore Delegato di Philip Morris Italia, membro dell’Advisory Board che ha coordinato i lavori unitamente anche a Valerio De Molli, Managing Partner ceo di The European House – Ambrosetti, Giorgio Ventre, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione della Federico II e Direttore Scientifico della IOS Developer Academy di Napoli e Alberto Di Minin, Professore Associato di Management alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Co-Direttore dell’Istituto Confucio di Pisa e dell’Istituto Galilei presso la Chongqing University, Rappresentante Italiano per il Working Party on Innovation and Technology Policy, OCSE. “L’Italia è una potenza manifatturiera a livello globale e il surplus di 111 miliardi di euro generato dalle nostre industrie è un fattore cardine del nostro sistema economico. La ricerca realizzata da The European House – Ambrosetti mette chiaramente in luce le fragilità del sistema della formazione a sostegno delle opportunità offerte dall’Intelligent Manufacturing e suggerisce chiare ed incisive proposte d’azione volte a fare dello sviluppo delle competenze un motore di sviluppo per il sistema-Paese”, ha affermato Valerio De Molli, Managing Partner vro di The European House – Ambrosetti.
“Questo studio di The European House – Ambrosetti mostra chiaramente che la capacità del nostro Sistema Paese di competere con successo nella sfida dell’Intelligent Manufacturing risiede nella disponibilità di competenze ad alta specializzazione e nella creazione di un ecosistema aperto dell’innovazione in grado di sostenere le nostre PMI così come la Grande Impresa. Per fare questo occorre la collaborazione piena ed aperta tra Università, Aziende, Enti territoriali e Scuola, al fine di creare una offerta formativa in grado di rispondere alle esigenze del Mercato del Lavoro. Ciò è ancora più necessario per il Mezzogiorno che può diventare protagonista di processi di reshoring e di rafforzamento del tessuto produttivo solo se è in grado di offrire quelle competenze che, secondo il rapporto, le imprese non sono in grado di reperire. In questo, l’esperienza del Polo Tecnologico di San Giovanni a Teduccio a Napoli può rappresentare un modello di riferimento, come appare anche dalle cinque azioni proposte come strategia per la crescita della Manifattura in Italia”, ha commentato Giorgio Ventre, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione della Federico II e Direttore Scientifico della IOS Developer Academy di Napoli.
“Fondamentale prima di agire, investire nella comprensione dei fenomeni su cui vogliamo intervenire. Questo studio mette in evidenza gli ambiti su cui è possibile fare la differenza con azioni mirate allo sviluppo di certe competenze. Sono due le parole chiave che caratterizzano queste competenze. La prima è l’essere abilitanti. Le competenze diventano abilitanti, quando si trovano al centro di un sistema di relazioni, che le valorizza integrandole. La seconda parola chiave è la complementarietà. La trasformazione digitale che stiamo vivendo ci pone nella necessità di identificare le complementarietà tra le competenze. Ce ne stiamo accorgendo anche dal nostro osservatorio della Scuola Sant’Anna. Non c’è Open Innovation se le aziende non fondano le proprie strategie di alleanze sulla combinazione di saperi distintivi e complementari. Questa analisi di The European House – Ambrosetti, partendo dal punto di vista dei principali operatori del settore, ci fornisce una mappa concreta per fare ritrovare centralità ai territori sul cui sviluppo manifatturiero e digitale vogliamo scommettere”, ha aggiunto Alberto Di Minin, Professore Associato di Management alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Co-Direttore dell’Istituto Confucio di Pisa e dell’Istituto Galilei presso la Chongqing University, Rappresentante Italiano per il Working Party on Innovation and Technology Policy, Ocse.
Il tema delle competenze, interne ed esterne, rappresenta a principale problematica per le imprese intervistate: il 20% ha dichiarato di avere difficoltà nel reperire figure professionali adeguate, il 13% lamenta carenza di competenze all’interno della forza lavoro impiegata. Si riscontrano maggiori criticità negli ambiti di data science (27%), competenze informatiche avanzate (18%), programmazione (16%) e project management (13%). In riferimento ai canali tradizionali di formazione, le imprese esprimono una fortissima insoddisfazione per le competenze dei diplomati (88%) e dei laureati (54%), evidenziando un problema di disallineamento tra le competenze richieste e quelle offerte dal sistema scolastico e universitario.
Oltre al tema qualitativo, lo studio rivela carenze importanti anche sotto l’aspetto quantitativo: solo un giovane italiano su sei studia discipline STEM e l’istruzione tecnica post-scuola secondaria necessita di un adeguamento rispetto ai leader in Europa; meno di un lavoratore su due partecipa a corsi di formazione e quasi la metà delle problematiche riscontrate dalle imprese riguarda le capacità del management di gestire i cambiamenti abilitabili dalla tecnologia.
Per valorizzare e massimizzare le molteplici opportunità offerte dall’Intelligent Manufacturing, lo studio propone alcune azioni volte a fare delle competenze un motore di sviluppo per il Paese: Proposta 1: Lanciare un New Deal delle competenze 4.0, in quanto in Italia solo il 42% degli adulti possiede competenze digitali di base; Proposta 2: Ridare centralità all’istruzione tecnico scientifica, prevedendo un riconoscimento legale tra Its ed Università per combattere la dispersione scolastica, abolendo la distinzione semantica tra licei ed istituti tecnici ed investendo su programmi di orientamento per i giovani. In Italia, infatti, solo un ventenne su sei si è formato in discipline tecnico scientifiche e gli iscritti agli Its sono circa 18.500 contro i 742.000 della Germania; Proposta 3: Cambiare marcia sulla formazione continua, disegnando nuovi assetti e nuove forme di incentivazione per i lavoratori del domani, per consentire loro di stare al passo dei tempi con le competenze; Proposta 4: Porsi obiettivi quantitativi sulla formazione digitale e 4.0, creando sistemi di misurazione e monitoraggio della performance, individuando un cruscotto di Kpi e indicatori sulla cui base misurare le politiche di formazione; Proposta 5: Investire sulle competenze digitali per la rinascita del Mezzogiorno italiano, una delle aree meno preparate in Europa ad affrontare la rivoluzione della manifattura intelligente e la sfida della trasformazione digitale, destinando in maniera efficace le risorse dedicate del Pnrr (82 miliardi), in cui la digitalizzazione delle aziende e delle PA è un elemento chiave.