In arrivo il primo dispositivo Toadm – Tunable Optical Add Drop Multiplexer – in grado di selezionare e indirizzare in modo puramente ottico i segnali nei nodi della rete, realizzato su un chip di silicio di soli 2 millimetri quadrati. La dimostrazione del primo dispositivo Toadm é abilitante alla crescita della larga banda nelle reti ottiche dei nuovi sistemi di comunicazione 5G-6G e nei collegamenti intra e inter-datacenter sia classici che quantistici. Lo studio è stato appena pubblicato sulla prestigiosa Nature Communications.
Il lavoro è stato svolto all’interno del progetto europeo Horizon2020 Nebula che mira allo sviluppo di componenti fotonici ad elevato bit-rate per collegamenti intra e inter-data center ed è il frutto di una cooperazione di più di 10 anni tra il gruppo di Photonic Devices e l’Innovative Integrated Instrumentation for the Nanoscience (I3N Lab) del Politecnico di Milano.
I ricercatori italiani Francesco Morichetti e Andrea Melloni del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (Deib) del Politecnico di Milano spiegano che “è molto complesso svolgere queste funzionalità nei sistemi di comunicazione per la banda larga, senza deteriorare gli altri segnali in transito, e contemporaneamente garantire grandi volumi, bassi costi di produzione e basso consumo energetico”.
Il dispositivo realizzato può essere riconfigurato in un milionesimo di secondo permettendo un’allocazione dinamica di centinaia di segnali ottici a larga banda (200 Gbit/s e oltre) su un intervallo di frequenze di oltre 10.000 GHz. Il controllo del dispositivo è gestito da un circuito elettronico integrato in tecnologia Cmos concepito anch’esso nei laboratori del Politecnico di Milano.
“Chip fotonico e chip elettronico sono realizzati mediante la stessa tecnologia della microelettronica in Silicio, ben consolidata e a basso costo. Presto si potrà arrivare a realizzare tutto il sistema in un unico chip che tratti sia segnali elettrici che luminosi. Quanto fatto è un primo passo in questa direzione” commentano Giorgio Ferrari e Marco Sampietro del I3N Lab del Deib.