Dopo anni di ‘Filippina’, ora è la volta della ‘Australiana’. Ovviamente non ci riferiamo ad una ‘moda esotica’ ma, come puntualmente capita a ridosso dell’inverno, del ceppo influenzale di turno. Dunque, dopo aver attraversato gli emisferi questo fastidiosissimo malessere diffuso che, tra dolore alle ossa e raffreddore, continua ad angustiare sempre più italiani (di loro già abbastanza impegnati ad evitare i sempre presenti contagi legati alle varianti del Covid), a quanto pare preoccupa i medici.
Ne ha infatti parlato a lungo oggi Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), spiegando che “La curva dell’epidemia influenzale si è elevata in maniera tale da far prevedere, se il trend si manterrà su questi livelli, il picco più alto degli ultimi 15 anni. E potrebbe essere raggiunto prima di Natale perché i valori sono molto cresciuti“.
Dunque, osserva il Segretario dei medici, “Se consideriamo il picco come una montagna, avremo, in pratica, una vetta di 4mila metri, invece che di 3mila. Per l’influenza, di solito, i picchi si raggiungono sempre con la stessa incidenza, poi c’è un plateau e segue la discesa. L’andamento così com’è, quindi, fa pensare ad un picco assai superiore delle epidemie passate“.
Comprensibile quindi anche la paura e la preoccupazione che molti pazienti hanno palesato, specie fra quanti appartenenti alle cosiddette categorie più fragili. Questo perché, continua Scotti, l’influenza Australiana “è caratterizzata da una febbre molto alta che spesso spaventa, sintomi respiratori, qualche volta gastroenterici“.
Motivazioni, come detto, che bastano a scatenare anche un po’ di panico e infatti, riferisce ancora il Segretario generale della Fimmg, “I tanti casi di influenza stanno mettendo sotto pressione i medici di famiglia, subissati da telefonate, whatsapp, messaggi. Siamo a limiti della sostenibilità. Ci sono molte richieste anche perché ad essere più colpiti sono i giovani in età lavorativa. Nei nostri studi si scatena quindi anche l’emergenza certificati’ di malattia, sia per il lavoro che per i rientri a scuola, che spesso dipendono dalla fantasia del singolo preside. Le chiamate sono concentrate soprattutto nelle fasi iniziali e in quelle finali della malattia“.
Max