Riparte il cammino delle riforme costituzionali, ferme dopo il sì della Camera il 10 marzo scorso. Tra mercoledì e giovedì la Commissione Affari costituzionali del Senato dovrebbe incardinare le riforme, vale a dire decidere la data di avvio della discussione, presumibilmente già la prossima settimana, con l’obiettivo di una approvazione da parte del Senato prima della pausa estiva. Il tutto mentre oggi Matteo Renzi ha escluso l’ipotesi di un ritocco dell’Italicum. Mentre si starebbe trattando sull’elezione diretta di consiglieri-Senatori. I numeri del Senato sono sempre ballerini per il governo, a causa di 27 senatori della minoranza Pd che hanno già votato in dissenso su alcune leggi: ultimo il ddl scuola, sul quale il governo è ricorso alla fiducia, mossa impraticabile per le riforme costituzionali. L’obiezione della minoranza Dem è che, dopo la modifica dell’Italicum alla Camera, con il premio di maggioranza al partito e non alla coalizione, occorra modificare anche la riforma costituzionale del Senato, rafforzando il suo ruolo di contrappeso, per esempio reintroducendo l’elezione diretta. Insomma, il Senato di garanzia rilanciato da Vannino Chiti alla Festa dell’Unità la scorsa settimana. La contro-obiezione della maggioranza del Pd è che i bersaniani (ma non i civatiani e Chiti) hanno già votato in prima lettura in Senato la riforma costituzionale nel luglio-agosto del 2014. A complicare il percorso sta il fatto che anche Fi si è “sfilata” dal patto sulle riforme, e quindi non si può essere sicuri che i suoi voti rimpiazzeranno quelli dei bersaniani, come è accaduto a gennaio sull’Italicum. Se i lavori parlamentari hanno registrato una stasi, dal 10 marzo scorso, i colloqui politici sono andati avanti. Il punto di caduta non riguarda il testo della riforma stessa, anche perché essa sulla composizione del Senato (l’articolo 2 del ddl) non può più essere modificata, essendo stata approvata da entrambe le Camere nel medesimo testo. Il compromesso riguarderebbe la legge ordinaria di attuazione del sistema elettorale dei futuri Consigli regionali: in quella legge si prevederà una “elezione diretta” dei senatori, nel senso che i Partiti indicherebbero preventivamente nelle loro liste chi saranno i consiglieri-senatori. L’altra novità è il “niet” di Renzi a una leggina che reintroduca nell’Italicum il premio di maggioranza alla coalizione anzichè alla lista, proposta per primo da Pino Pisicchio, presidente del gruppo misto della Camera. E rilanciata da Silvio Berlusconi il 22 giugno. “Cambiare l’Italicum? non esiste” ha tagliato corto oggi Renzi. Ma con Fi la maggioranza sta dialogando sulla riforme della Rai, anche essa all’attenzione del Senato: e questo potrebbe essere prodromico ad un possibile nuovo dialogo anche sulle riforme, peraltro sempre sostenuto dal capogruppo Fi Paolo Romani. E agli azzurri non dispiace il compromesso sulla legge elettorale dei Consigli Regionali. Senza contare che la maggioranza conta sempre su un “soccorso” dei deputati di Fi vicini a Denis Verdini.