Da un censimento interno effettuato dallInps nellambito dal rapporto annuale dell’Istituto, e presentato oggi alle Camere, in Italia 5.962.650 pensionati percepiscono un assegno mensile sotto i mille euro. Nello specifico, il 10,8% del totale (pari a 1.686.944 pensionati) percepisce meno di 500 euro e il 27,2% (4.275.706) tra 500 e 1000 euro.Netta sproporzione fra donne e uomini in entrambe le fasce:sotto i 500 euro il 12,4% delle donne e l’8,9% degli uomini; fra 500 e 1000 euro il 34,9% delle donne e il 18,5% degli uomini. Divario che si ripropone nelle fasce alte: oltre 3000 euro sono il 6,5% dei pensionati (1.010.378) ma sono il 3,2% delle donne e il 10,2% degli uomini. Leggendo i dati in rosa, si evince che soltanto il 20% circa delle donne che avrebbero potuto esercitare la cosiddetta opzione donna lo ha fatto. Lutilizzo di questa forma di flessibilità è cresciuta esponenzialmente dal 2012 in corrispondenza allinasprimento dei requisiti per laccesso al pensionamento introdotto dalla legge Fornero. Evidentemente pesa, forse troppo, la percentuale di penalizzazione legata al ricalcolo con il sistema contributivo di quanto accumulato. Nel suo rapporto LInps ha spiegato che il trattamento pensionistico maturato con le regole dellopzione donna, per le lavoratrici del settore privato, sia di media pari a 977 euro. Sul fronte del part-time agevolato, la relazione spiega che dal 2 giugno, giorno di partenza di questa opzione (riservata ai lavori privati a tempo indeterminato con 35 anni di contributi e a tre anni dal limite di età per la pensione di vecchiaia), sino al 21 giugno scorso, su un totale di 238 domande presentate ne sono state accolte 85, respinte 84 mentre ne sono in giacenza 69. Intervenendo poi sui correttivi messi in campo in ausilio alle conseguenze del blocco al pensionamento, previsto dalla riforma Fornero, il presidente Tito Boeri ha tenuto a sottolineare che sono stati “molto costosi e inadeguati: le 7 salvaguardie emanate fino ad oggi hanno eroso fino a un sesto dei risparmi conseguiti dalla riforma del 2011” ovvero, ha sottolineato il presidente dellInps: il 13%. Dunque, dei circa 88 miliardi di risparmi di spesa attesi dalla riforma sul decennio 2012-2021, le sette salvaguardie ne hanno fagocitato circa il 13%: “una porzione significativa soprattutto se si considera che oltre il 75% della spesa si concentra nel quadriennio 2015-18 denuncia Boeri -Pur essendo state introdotte per affrontare situazioni di emergenza sociale, le salvaguardie non tengono conto del livello di reddito delle famiglie dei beneficiari. Una pensione salvaguardata su 8 vale più di 3.000 euro al mese”, dice. A questo si aggiungere infine un “costo ombra”, legato al super lavoro del personale Inps: “con queste operazioni abbiamo assorbito 181 posizioni a tempo pieno per un anno, distogliendo il personale dellistituto da altre attività, con un costo ombra di quasi 34 milioni di euro”, evidenzia Boeri. E se i primi provvedimenti con cui ’aggiustare’ la legge Fornero, che ha comunque creato “problemi sociali rilevanti”, potevano apparire necessari a fronteggiare uno stato di crisi, non così la sequenza delle salvaguardie seguito poi “con ritmo ravvicinato”. Le salvaguardie infatti, si legge nella Relazione che guarda con timore all’eventualità di un protrarsi degli interventi, devono di fatto tornare a rappresentare “una soluzione di pensionamento flessibile: senza penalizzazioni e dedicata a specifiche categorie di lavoratori. Deroghe di questo tipo dunque- concluse- possono essere giustificate solo per particolari categorie di lavoratori, come gli usuranti”. A giugno 2016, ad esempio, si legge ancora nella Relazione, rispetto a un contingente programmato di 172.466 lavoratori da ’salvare’ sono state accolte 127.632 domande, pari al 74%. Se si considerano le domande in attesa di esame e si ipotizza un loro pieno accoglimento, questa percentuale sale a quasi l85 per cento. Delle domande accolte, quasi l80% si è già trasformato in una pensione regolarmente liquidata.