“Non sarà l’autunno del patriarca, quello di Mario Draghi. Ma certo la stagione verso cui andiamo incontro si annuncia piuttosto inclemente, anche per il premier. Il quadro internazionale è quello che vediamo, ed è esplosivo. La gestione del Recovery Plan avrà le sue criticità. La legge di bilancio non sarà una passeggiata su un letto di rose. E il piano delle vaccinazioni avrà bisogno di un impulso forse ancora più vigoroso di quello che è stato dato fin qui. Tutti questi appuntamenti costringeranno il premier a una gestione piuttosto impegnativa, per usare un eufemismo. Una gestione politicamente patriarcale, se così si può dire.
Fino ad oggi Draghi ha guidato la sua maggioranza con mano ferma sulle cose da fare. E con mano più leggera, apparentemente distratta, sulla cucina politica. Ora però la politica, anche quella spicciola, comincia a bussare alle porte di Palazzo Chigi. In autunno infatti è in programma un turno amministrativo di un certo rilievo. E a febbraio ci sarà da eleggere il nuovo capo dello Stato. Argomenti da cui Draghi si è tenuto finora a sapiente distanza. Ma che ora gli si stanno pericolosamente avvicinando.
Si può comprendere la prudenza di Draghi riguardo ai temi dell’agenda politica. Fa parte del suo talento, del suo carattere e anche di quel tanto di astuzia che serve a navigare in mezzo alla tempesta. In fondo, come ammoniva Shakespeare, la prudenza è pur sempre la parte migliore del coraggio, e le parole del Bardo si adattano anche al premier. Il punto è che però mano a mano che il mare si ingrossa non si può pensare che il primo ammiraglio della politica italiana non sia chiamato a indicare una rotta. Per sé, e anche per il suo variegato equipaggio.
Ora, proprio quell’equipaggio, come s’è detto, si troverà ad affrontarsi di qui a un mese o poco più sul terreno delle elezioni amministrative. Si voterà nelle principali città (Roma, Milano, Napoli, Torino, tra le altre) e nella regione Calabria, ed è ovvio che quei voti potranno modificare i rapporti di forza nella maggioranza ‘draghista’. Peraltro su questo appuntamento elettorale sembra pendere un curioso paradosso, segnalato con acume da Giovanni Diamanti. E cioè che mentre il voto d’opinione tende a premiare, almeno sulla carta, il centrodestra, i sondaggi locali che stanno circolando assegnano invece quasi ovunque la vittoria al centrosinistra. Con l’effetto di rendere più difficoltose tutte le interpretazioni e più nervose tutte le strategie. Da una parte e dall’altra.
Come che sia, appena archiviato il voto delle grandi città si porrà all’ordine del giorno la questione, assai più dirimente, del prossimo capo dello Stato. E anche questo passaggio finirà per riverberarsi sul destino di Draghi. Egli infatti potrebbe salire al Colle in prima persona, con un largo consenso. Oppure potrebbe cercare di convincere Mattarella ad accettare un secondo mandato con un consenso altrettanto largo. Se nessuna di queste due ipotesi prenderà forma, il rischio di Draghi è quello di veder dilaniarsi la “sua” maggioranza governativa tra i molti (forse troppi) candidati in lizza. A quel punto continuare a governare come se niente fosse risulterebbe piuttosto difficoltoso.
Argomenti e scenari da cui il premier si è sempre tenuto alla larga. Ma che ora reclamano anche da lui una strategia politica. Sapendo che se non sarà lui a tracciarla, saranno gli altri, e soprattutto saranno gli eventi, a decidere per lui il destino suo e del paese.
Quisquilie e pinzillacchere, si dirà, se messe a confronto con il drammatico bailamme che in questi giorni sta scuotendo il mondo. Ma non così irrilevanti per i più piccoli destini di casa nostra. Fino ad oggi Draghi ha fatto del suo meglio per non farsi invischiare nelle tribolazioni politiche ed elettorali della sua compagine. Ma se non lo farà potranno infine essere le tribolazioni politiche ad invischiare lui”.
(di Marco Follini)