Donald Trump è il terzo presidente degli Stati Uniti d’America ad essere messo sotto impeachment, una procedura prevista dalla Costituzione statunitense per rimuovere un presidente in carica, reo di determinati illeciti nell’esercizio delle sue funzioni. Il primo fu Andrew Johnson nel 1868. Nel 1974 toccò a Richard Nixon, che si dimise prima del voto a seguito dello scandalo Watergate. L’ultimo fu Bill Clinton nel 1998, accusato per aver mentito riguardo alla relazione extraconiugale intrattenuta con una stagista della Casa Bianca, Monica Lewinsky.
L’accusa della Camera dei rappresentanti
L’impeachment nei confronti di Donald Trump è stato approvato dalla Camera dei rappresentanti, uno dei due rami del Congresso a maggioranza del partito democratico, il 19 dicembre scorso. Le accuse? Abuso di potere e ostruzione alle indagini nei confronti del Congresso. Secondo i democratici, Trump esercitò pressioni sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky affinché indagasse su Joe Biden, probabile sfidante alle elezioni presidenziali nel novembre 2020, e suo figlio Hunter, membro di un’azienda di gas in Ucraina. In cambio il tycoon aveva promesso di sbloccare fondi per 391 milioni di dollari, diretti in Ucraina e destinati ad aiuti militari.
Il primo atto d’accusa è stato votato con 230 voti favorevoli e 197 contrari; il secondo con 229 deputati a favore contro 198. I deputati repubblicani hanno votato compatti per il no all’incriminazione in entrambi i casi, mentre nel partito dell’asinello (partito democratico) due deputati hanno votato contro l’accusa di abuso di potere, tre contro quella di ostruzione al Congresso.
La parola al Senato
Da domani la palla passa al Senato, dove l’iter dell’impeachment prevede l’istruzione di un vero e proprio processo, in cui i senatori vestono i panni di giudici. Il processo sarà presidiato dal capo della Corte Suprema degli Stati Uniti, John Roberts. Una parte vedrà schierata sette deputati-procuratori, guidati da Adam Shiff, presidente della commissione intelligence della Camera dei rappresentanti, aventi le funzioni di pubblica accusa. L’altra parte è rappresentata dai legali di Trump, Jay Sekulow, Pat Cipollone, Kenneth Starr, già famoso per aver inquisito Bill Clinton, e Alan Dershowitz. Un dream team di avvocati che ha già respinto la messa in stato d’accusa del presidente, definita nella documentazione esposta al Senato come incostituzionale e “un pericoloso attacco al diritto degli americani di scegliere liberamente il loro presidente”.
Molto probabilmente Donald Trump sarà assolto. I repubblicani hanno una salda maggioranza al senato; per l’approvazione dell’impeachment i democratici necessitano di una maggioranza di due/terzi. 67 senatori su 100, numeri ad oggi irraggiungibili.
Ma la messa in stato d’accusa nei confronti del presidente potrebbe giocare un aspetto fondamentale nella decostruzione o nel rafforzamento della sua immagine, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali previste per il prossimo 3 novembre 2020.
Mario Bonito