IMMUTATE DA 600 MLN DI ANNI, ANCHE SPECIE FINO AD OGGI RITENUTE TROPICALI FLUTTUANO NEL MAR MEDITERRANEO. IN SEI ANNI LA PRESENZA DI MEDUSE È ADDIRITTURA DECUPLICATA

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    “Tutti i nostri mari sono interessati dalla presenza di meduse (anche se la parola giusta sarebbe: macrozooplancton gelatinoso). Alcuni di questi animali non pungono e non sono meduse, ma sono grossi e sono gelatinosi. La gente li chiama, comunque, meduse. Pelagia, molto urticante, sta bene dove ci sono acque profonde, soprattutto nel Tirreno. Anche Velella, la barchetta di San Pietro, sta bene in acque profonde, soprattutto nel Mar Ligure. Altre si trovano prevalentemente nel Nord Adriatico come Aurelia”. Così il professore di Zoologia all’Università del Salento, associato a Cnr-Ismar,Ferdinando Boero, spiegando i clamorosi esiti del progetto italiano ‘Occhio alla medusa’, una minuziosa ricerca in parte resa possibile anche grazie a i cittadini, che hanno puntualmente ‘mappato’ i loro avvistamenti, segnalandoli (spesso accompagnati da foto o video),  alla rivista Focus. Ciò che ne è emerso spiega l’inquietante prolificazione delle meduse nei nostri mari che,  dai circa 300 avvistamenti registrati nel 2009, si è arrivati ai 3000 del 2015. Dunque in soli 6 anni, spiega il professore di Zoologia, gli avvistamenti sulle nostre coste sono aumentati di ben 10 volte. All’origine di tale fenomeno, il conosciutissimo effetto serra, in seguito al quale, sempre  più specie tropicali trasmigrano nel Mediterraneo. Dunque non stupiscono i continui avvistamenti di specie insolite, definite dai ricercatori ‘aliene’:  “una l’abbiamo descritta noi – illustra il ricercatore – la ‘Pelagia benovici’, probabilmente arrivata con le acque di zavorra delle navi. E’ apparsa abbondantissima in inverno in alto e medio Adriatico, poi è scomparsa. Probabilmente le popolazioni originali sono in un posto dove nessuno ha mai studiato le meduse”. Senza scomodare la micidiale letalità delle sue cugine australiane, tuttavia anche le meduse che fluttuano nelle nostre acque possono rappresentare un pericolo, “alcune possono iniettarci veleni mortali, ma in Mediterraneo c’è stato solo un caso fatale, dovuto alla Caravella Portoghese, che non è una medusa ma un sifonoforo. Comunque, come le meduse, anche i sifonofori hanno cellule urticanti e ogni specie ha un veleno che ha effetti differenti nella nostra specie. Alcune ci fanno il solletico, altre ci fulminano. Ma quelle sono in Australia…”. Eppure, molti non sanno che – a parte la bellezza di alcune specie – vi sono addirittura delle specie commestibili, in quanto ricchissime di proteine. Sulla terra da ben 600 milioni di anni, possono essere definite ‘perfette’ in quanto, rispetto alla loro morfologia e misura, le meduse attuali non differiscono dalle loro antenate preistoriche. “Le meduse abitano gli oceani da sempre, da prima dell’evoluzione di tutti gli altri abitanti attuali.I più pericolosi siamo noi – tine a sottolineare, legittimamente, il ricercatore – Il flagello degli ecosistemi siamo noi, non le meduse. Le meduse sono un pungente avvertimento che non stiamo agendo bene nei confronti degli ecosistemi che, con il loro funzionamento, permettono la nostra sopravvivenza. Ma come si fa a rispettare ciò che si conosce solo grossolanamente?”.

    M.