IL ’TOTOGOVERNO’ TRA INCOGNITE E VARIANTI: CHI CON CHI E CASOMAI PERCHE’?

    E’ una lunga, paziente, partita a scacchi quella che ’dovrebbe’ delineare i contorni di ’un’alleanza’ in grado di rappresentare una maggioranza convincente, da sottoporre poi al Presidente della Repubblica. D’altra parte, fra le tante incongruenze che implica, il Rosatellum non lascia spazio a troppi voli pindarici: salvo clamorosi plebisciti (che non ci sono stati), i numeri per governare sono ad appannaggio di una coalizione. Una legge spietata e per certi versi anche ’astuta’ se letta in virtù dell’attuale situazione: paradossalmente infatti, a dispetto di chi ha preso più voti, alla fine il pallino è tra le mani di chi ne ha presi meno, appunto il Pd, a questo punto fondamentale per spostare l’ago della bilancia. Ed il primo partito, quello Di Maio, così come la coalizione del centrodestra ’capitanata’ da Salvini, sanno che da soli non possono andare da nessuna parte. I numeri dicono che alla Camera al Centrodetra sono stati attribuiti 260 seggi (109 nei collegi uninominali e, nel proporzionale, 73 alla Lega, 59 a Forza Italia, e 19 a Fratelli d’Italia); al Movimento 5 stelle 221 e, al Centrosinistra 112 (24 nei collegi uninominali, 86 al Pd e 2 alla Svp), quindi 14 a Liberi e uguali, raggiungendo complessivamente il numero di 607 assegnati su 630. Diversamente al Senato, complessivamente sono stati assegnati 308 seggi su 315: il Centrodestra è a quota 135 (58 uninominale, 37 Lega, 33 Fi, 7 Fdi); il Movimento 5 stelle a 112; il Centrosinistra a 57 (13 uninominali, 43 Pd, 1 Svp); e Liberi e uguali a 4. Ora la legge prevede che per governare occorrono 316 seggi alla Camera, e 161 al Senato. Dunque non si scappa: o si trovano alleati o si torna a votare. E sia Salvini che Di Maio hanno iniziato i loro ’contatti esplorativi’ sia ufficiali che ’segreti’. Premesso che ora gli occhi sono puntati all’interno del Pd: lunedì in direzione Renzi dovrà essere chiaro, se si dimette via, ed allora ciascuno farà come meglio crede. Se invece, come ha sostenuto, andrà via ’solo a governo fatto’, dovrà spiegare il perché di tale ’imposizione’. D’altra parte il prezzo da pagare per il Pd è altissimo: qualsiasi alleanza intraprenda, il rischio estinzione decuplica. Interessante in questo senso il quadro delle ’varianti’ tracciato dall’articolista dell’agenzia di stampa AdnKronos, che prova ad ordinare i complicati tasselli di questo puzzle. Si parte da un’ipotesi per certi versi ’fantascientifica’, ma la politica segue strade e percorsi spesso inaspettati: alleanza M5S. LeU e Pd. Qui si ragiona attraverso il numero provvisorio dei seggi di Pd e M5S che, sommati, arriverebbero a decretare 333 deputati alla Camera, e 169 senatori. Una situazione che di per sé non garantirebbe una solida maggioranza tuttavia, se a questi verrebbero aggiunti 14 deputati e 4 senatori da LeU, si potrebbe fare. Assurdo per assurdo (ma anche qui, complice ’il patto del Nazareno, non troppo), vael anche l’opzione ’Centrodestra+Centrosinistra. Attualmente al centrodestra servono assolutamente 56 seggi alla Camera e 26 al Senato. Ed in questo senso l’apertura di Salvini al Pd (“C’è una tradizione di sinistra che non vota o che guarda alla Lega e cercheremo di raccogliere queste forze”), lascia aperte delle porte ai parlamentari del Pd. L’ipotesi meno probabile, ma sicuramente la più suggestiva e letta sotto un’ottica puramente ’populista’, l’alleanza tra M5S e Lega. In tutto questo è però doveroso sottolineare che stamane nei social ’il popolo’ del Pd è insoto anche soltanto all’idea che il suo partito abbia a che fare con Di Maio….
    M.