E’ difficile, se non impossibile, spiegare e raccontare come si senta una donna vittima di violenza,
eppure 10 milioni 485 mila donne hanno subito una molestia sessuale o fisica almeno una volta nella loro vita.
Ma come reagisce una vittima alla violenza? La donna oltre alla violenza subita deve anche superare i pregiudizi, come se la prima non fosse abbastanza.
Lo studio Enveff ha dimostrato che le donne che hanno subito un abuso sessuale rischiano 26 volte di più di suicidarsi, una percentuale considerevole invece sviluppa disturbi depressivi o abuso alcolico, disturbi alimentari e molto altro.
La donna quindi non solo è costretta a soffrire nell’immediato ma anche a portarsi dietro questo trauma per tutta la vita, riscontrando disturbi di ogni sorta tra cui anche quelli depressivi.
L’abuso sessuale è una macchina che distrugge la donna, la colpisce senza riguardi, la ferisce e la rende fragile, spesso non viene riconosciuta come tale, spesso non viene considerato realmente il dolore provocato alla vittima.
Molti fattori possono peggiorare la situazione, se ad esempio lo stupratore è una persona che la vittima è costretta ad incontrare nel corso della vita, o addirittura frequentare, ad esempio nel mondo del lavoro ( diversi sono i casi in cui il capo si approfitta dell’impiegato ), molto più grave e complicato è quando lo stupratore è anche parte della famiglia.
Ma come si fa a superarlo? La donna deve mettersi in contatto con chi è in grado di ascoltarla, intraprendendo un corso terapeutico, anche tramite l’analista, affiancata sempre dal supporto familiare.
Sono in via di sviluppo anche dei Centri anti-violenza per le donne, in grado di assisterle nel momento più delicato del percorso.
La donna è sempre stata al centro di queste violenze, ma molte hanno avuto il la forza di farsi avanti, di denunciare e di riprendere in mano le loro vite.
E abbiamo ancora il coraggio di chiamarle sesso debole ?
Valeria Colanicchia