IL RUOLO DELLA CINA NEL SUMMIT DEL G20 – di Zhang zimeng

 

Il 14 novembre, all’inizio del summit del G20 di Brisbane, in Australia, la Cina ha presentato

un’ambiziosa agenda di obiettivi per il meeting a cui chiede un’economia mondiale piu’ aperta e

maggiori responsabilita’ nella governance globale. Xi Jinping e’ partito questa mattina da Pechino

per partecipare al vertice, che avra’ al centro delle discussioni la gestione dell’economia mondiale

a sei anni dalla crisi finanziaria globale e la lotta alla disoccupazione. Il primo ministro

australiano, Tony Abbott, ha sottolineato nei giorni scorsi – dopo l’accordo tra Cina e Stati Uniti

sul clima, che fissa nel 2030 la data entro la quale la Cina raggiungera’ il picco delle emissioni –

che a Brisbane si parlera’ di “quello che sta accadendo ora”, e’ cioe’ dei problemi del debito e della

disoccupazione, e non di “quello che potrebbe succedere tra sedici anni”. I cambiamenti climatici

sono “un tema molto importante – dichiara Joseph Cheng, direttore del dipartimento di Scienze

politiche della City University di Hong Kong – ma non ci si piu’ aspettare un grande consenso a

questo summit. Ci saranno scambi di vedute, ma non c’e’ abbastanza tempo in agenda per lo

sviluppo del tema, anche se l’accordo tra Cina e Stati Uniti rappresenta sicuramente un buon punto

di inizio”.I 3500 delegati al meeting dovranno confrontarsi su quella che il Fondo Monetario

Internazionale ha definito un’epoca di “nuova mediocrita’” per la crescita mondiale, segnata da un

prolungato periodo di crescita lenta o piu’ lenta del previsto, anche da parte della Cina, che deve

gestire il rallentamento economico di questi ultimi anni. Lo stesso FMI aveva segnalato

l’importanza dell’introduzione di riforme strutturali per sostenere le economie dei singoli Paesi.

Proprio le riforme del sistema finanziario sono uno dei quattro punti dell’agenda di Pechino

diffuse dal Dipartimento di Economia Internazionale del Ministero degli Esteri per il summit di

Brisbane.Al primo posto, la Cina chiede nuove misure a sostegno dell’economia globale, con una

strategia complessiva per la crescita, e punta, in secondo luogo, al miglioramento della

governance economica globale, con un ruolo di maggiore responsabilita’.

Nei mesi scorsi, Pechino ha contribuito a ridisegnare il panorama finanziario internazionale con

la nascita della Brics Bank – di cui e’ la maggiore azionista, e che avra’ sede a Shanghai – e con il

primo passo verso la creazione della Asian Infrastructure Investment Bank, in diretta concorrenza

con la Asian Development Bank, controllata dagli Stati Uniti. Il summit di Brisbane rappresenta

l’occasione per Pechino di spingere per un ruolo maggiore nei due principali organismi finanziari

mondiali, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. “Il migliore scenario, per la

Cina, e’ una promessa da parte di Washington di ridistribuire il potere all’interno della Banca

Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, in cambio dell’appoggio cinese alle iniziative

statunitensi”, commenta ancora Cheng.L’agenda cinese prosegue con altri due obiettivi, quello di

un raggiungimento del consenso generale attorno a regole per una “economia globale aperta”, in

chiave anti-protezionistica, e quello, piu’ generale, di un maggiore consenso intorno ai grandi

problemi internazionali, tra i quali il Ministero degli Esteri cita l’emergenza Ebola e la lotta alla

corruzione. Le ambizioni cinesi si scontrano con il rischio di una crisi di credibilita’ del G20,

evidenziata anche in questi giorni dagli studiosi australiani, che hanno ridimensionato le

aspettative del summit nelle ultime ore. Secondo il G20 Studies Center del Lowy Institute, un

think-tank australiano, uno degli obiettivi della due giorni di summit sara’ quello di

produrre “segnali di fiducia” nella cooperazione tra i Paesi membri, che insieme contribuiscono

per l’85% del prodotto mondiale lordo. Giudizio analogo anche da parte del Ministro del Tesoro

australiano, Joe Hockey, che vede come punto principale del summit una “buona prova che i

grandi Paesi stanno realmente cooperando per migliorare le prospettive globali, e che non sono

solo chiacchiere”.