Il Parlamento turco ha autorizzato l’invio delle truppe in Libia. La votazione era prevista il 7 gennaio, ma il presidente turco Erdogan è riuscito nel suo intento di velocizzare il più possibile l’approvazione parlamentare. La mozione, votata in una sessione straordinaria con 325 deputati favorevoli e 184 contrari, permette ad Erdogan il dispiegamento di soldati in Libia per un anno, senza che vi sia stata fissata una data precisa di partenza.
Erdogan si è schierato con Fayez Al Sarraj, capo del governo di conciliazione nazionale riconosciuto dall’Onu, contro l’uomo forte della Cirenaica Khalifa Haftar, generale dell’esercito nazionale libico. Una mossa che consente ad Erdogan di giocare un ruolo primario nella questione libica e di esercitare una forte pressione nei delicati assetti geopolitici del mediterraneo. Infatti il piano del presidente della Repubblica turca non sembra quello di scatenare una guerra imminente, quanto piuttosto quello di dissuadere e minacciare Haftar in un momento in cui gli attacchi del suo esercito sono più intensi.
E in mezzo c’è la Russia di Putin, sostenitrice di Haftar. L’8 gennaio è previsto un incontro in Turchia tra Erdogan e Putin per l’inaugurazione del gasdotto TurkStream, risposta russoturca a quello EastMed, accordato tra Grecia, Cipro e Israele. Non ci sono dubbi che il tema più caldo sia rappresentato dalla questione libica. Per il momento il presidente russo non ha commentato l’approvazione del parlamento turco. Non è da escludere che sia stata un’acuta manovra di Erdogan per presentarsi all’incontro in un rapporto di forza sbilanciato a suo favore.
Una guerra per procura dunque non conviene a nessuna delle due grandi potenze, ma un accordo per dividere la Libia in sfere d’influenza, Tripolitania alla Turchia e Cirenaica alla Russia, è un’ipotesi concreta. Entrambe infatti vogliono esercitare un ruolo di primo piano nel Mediterraneo, sfruttando le risorse energetiche del territorio e allargando la propria influenza politica. La Russia è da sempre attratta agli assetti geopolitici del nord Africa, mente Erdogan è impaziente di espandere l’Islam politico nella zona.
Non bisogna però scordare che la Turchia è un paese membro della Nato, e la scelta di inviare le truppe in Libia rema contro gli interessi del nostro paese, sia economicamente che socialmente. La Turchia, valendosi della sua influenza in Libia, porta d’ingresso nelle rotte dell’immigrazone verso l’Europa, potrebbe esercitare un ruolo ricattatorio nei confronti dell’Ue, come già successo in Siria.
Per il momento parte della comunità internazionale critica aspramente il presidente Erdogan, la Francia attende sorniona, l’Ue rivendica a gran voce la necessità di trovare una soluzione pacifica alla situazione per evitare un’escalation di violenza che, secondo le stime Onu, ha causato la morte di 2mila combattenti e più di 280 civili. L’Italia resta a guardare, perdendo terreno. Se vorrà tornare a giocare una funzione rilevante in un paese limitrofo di grande importanza strategica, dovrà far sentire la propria voce già il 7 gennaio nella missione Ue dei ministri degli Esteri in Libia.
Mario Bonito