Il Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen ospita un’importante collezione della produzione di Paul Gauguin. Per la prima volta una sezione, composta da circa 35 capolavori, si distacca temporaneamente dal museo per inserirsi nella mostra allestita al Museo della Cultura di Milano: “Gaugin. Racconti dal paradiso”. Dal 28 ottobre al 21 febbraio, la rassegna raccoglierà circa 70 opere del maestro parigino, provenienti dai principali musei europei ed americani, dettagliatamente selezionate dai curatori Line Clausen Pedersen e Flemming Friborg, rispettivamente curatrice del Dipartimento di Arte Francese e Direttore della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen. Paul Gaugin, viaggiatore, amante delle terre esotiche, pittore dalla tavolozza vivace, uomo ribellatosi al regime coloniale francese, finì i suoi giorni in una prigione delle Isole Marchesi. Questi sono gli elementi a cui rimanda immediatamente il nome del pittore parigino, che insieme a Van Gogh e Cèzanne viene considerato il protagonista del Post-Impressionismo.
Ma non è solo questo, l’esposizione infatti vuole far luce sulla vicenda gauguiniana, ripercorre idealmente la sua vita artistica, analizzando talvolta le fasi stilistiche della sua esistenza, muovendosi dall’arte della Bretagna francese, all’arte peruviana, da quella cambogiana e javanese, fino a quella polinesiana. Un percorso che si snoda tra opere pittoriche, scultoree ed artefatti polinesiani, prestando particolare attenzione al “primitivismo”, elemento intrascendibile nell’arte di Gauguin e riscontrabile in una delle sue opere più significative, per la prima volta in Italia dal Musèe d’Orsay, Autoritratto con Cristo Giallo, che può essere considerato il manifesto della sua sofferenza e della lotta per la propria visione artistica. Dopo un primo avvicinamento all’Impressionismo, infatti, abbandona la corrente e sintetizza in maniera assolutamente unica le influenze derivanti dal Primitivismo, dal Goticismo, dal Giapponismo e dall’arte arcaica, nonché da quella egiziana, gettando così le basi per le successive fasi artistiche, quali le Avanguardie.
Mahana no atua (Giorno di Dio) dellArt Institute of Chicago, dipinto durante l’intervallo parigino dai soggiorni di Tahiti, è testimonianza assoluta delle esperienze che mette in atto, tra le quali è rintracciabile l’aspetto primordiale e spontaneo del mondo che lo affascinò a tal punto da renderlo elemento straordinario nel suo sviluppo artistico. Parliamo di quel mondo paradisiaco, intatto, incantevole, rappresentato dall’autenticità polinesiana. Grazie a questa retrospettiva, l’osservatore si troverà esattamente a provare le sensazioni che sono come imprigionate eternamente all’interno delle sue opere.
Mary De Cubellis