Tante le tematiche che affronta Papa Francesco nel suo libro Il nome di Dio è misericordia, scritto insieme ad Andrea Tornielli, coordinatore di Vatican Insidere vaticanista de “LaStampa, presentato dal Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, e da Roberto Benigni. Torna a parlare dei gay il Pontefice, sottolineando lamore di Dio e chiarendo il suo ruolo da confessore: “Innanzitutto mi piace che si parli di ’persone omosessuali’: prima c’è la persona, nella sua interezza e dignità. E la persona non è definita soltanto dalla sua tendenza sessuale: non dimentichiamoci che siamo tutti creature amate da Dio, destinatarie del suo infinito amore. Preferisco scrive il Papa – che le persone omosessuali vengano a confessarsi, che restino vicine al Signore, che si possa pregare insieme. Puoi consigliare loro la preghiera, la buona volontà, indicare la strada, accompagnandole”. E per la celebre frase “Chi sono io per giudicare?” afferma: “Avevo detto in quella occasione: se una persona è gay, cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Avevo parafrasato a il Catechismo della Chiesa cattolica, dove si spiega che queste persone non si devono emarginare”. Parole dure invece per i corrotti, secondo Francesco abituati costantemente al peccato: La corruzione è il peccato che invece di essere riconosciuto come tale e di renderci umili, viene elevato a sistema, diventa un abito mentale, un modo di vivere. Va combattuta ed estirpata.
D.T.