“Per aver creato una nuova espressione poetica nell’ambito della grande tradizione della musica americana”, l’Accademia Reale Svedese dopo 23 anni, l’Accademia Reale Svedese ha premiato un autore statunitense: Bob Dylan. L’ultimo fu la scrittrice afroamericana Toni Morrison nel 1993, ma al pantheon della grande letteratura Usa – Philip Roth, Don DeLillo, Joyce Carol Oates, Richard Ford, Thomas Pynchon, i cui nomi circolano da lungo tempo – i giurati di Stoccolma hanno preferito il ’menestrello del rock’. Altri scrittori americani premiati con il Nobel sono stati Saul Bellow, John Steinbeck e Ernest Hemingway. Il Nobel al celebre cantautore ebreo giunge a vent’anni esatti dalla prima candidatura. Nel settembre 1996 infatti, il menestrello del rock fu indicato all’Accademia Reale Svedese come meritevole del prestigioso riconoscimento dal professore Gordon Ball, docente di letteratura dell’Università della Virginia. A quella prima candidatura se ne aggiunsero altre da studiosi americani di importanti università Usa, ottenendo anche l’appoggio del poeta Allen Ginsberg, il cantore della Beat generation. All’epoca Ball spiegò che Dylan era stato proposto “per l’influenza che le sue canzoni e le sue liriche hanno avuto in tutto il mondo, elevando la musica a forma poetica contemporanea”, e dai primi anni 2000 il nome di Bob Dylan è ricorso più volte nel toto-Nobel. Una scelta non del tutto casuale, ma in parte consapevolmente provocatoria, dato che ’il mal d’America’ covava da tempo in seno all’Accademia Svedese. A fine settembre 2008 – rompendo una consuetudine storica di riservatezza e silenzio sulle scelte del Premio Nobel – Horace Engdahl, all’epoca segretario permanente dell’Accademia a cui spetta la scelta del premiato, bocciò il toto-Nobel in corso allora sulla stampa di Stoccolma che ipotizzava un vincitore statunitense, definendo gli scrittori Usa “provinciali” e quindi non meritevoli del prestigioso riconoscimento. Sui giornali svedesi del 2008 si davano favoriti i nomi di grandi romanzieri statunitensi come Philip Roth, Gore Vidal, Joyce Carol Oates e J.D. Salinger e si citava pure il cantautore Bob Dylan. A parere di Engdahl – che rilasciò un’intervista in tal senso – gli scrittori nordamericani erano però troppo ’’provinciali’’ per gareggiare con i romanzieri e i poeti europei, i quali erano considerati “capaci di scrivere opere di qualità maggiore”.